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31 ottobre 2008

2008/10/31 "LA CENTRALE A CARBONE DI CIVITAVECCHIA: QUANDO ''MONITORAGGIO'' NON VUOL DIRE NIENTE"



TARQUINIA (VT) / 31-10-2008
LA CENTRALE A CARBONE DI CIVITAVECCHIA: QUANDO ''MONITORAGGIO'' NON VUOL DIRE NIENTE

TARQUINIA, 14 MILIONI DI EURO PROMESSI DALL'INQUINATORE POTREBBERO ESSERE UNA PIETRA TOMBALE SU TANTI MORTI DI TUMORE E LEUCEMIA CHE IL CARBONE CAUSERA', SULLA FINE DEL TURISMO E SU UN'AGRICOLTURA CHE DA SOLA VALE QUASI 100.000.000 DI EURO ALL'ANNO.


Accettando le compensazioni di Enel, Mazzola tradisce la promessa di lottare per fermare la centrale a carbone e lo dimostra abbinando alla parola compensazioni la parola “monitoraggio” con il seguente ragionamento: non possiamo fare niente per fermarla, la monitoreremo.

Parole vuote che mascherano interessi politici che nulla hanno a che vedere con la lotta al carbone. Una reale volontà di monitorare richiede azioni concrete oggi per incastrare Enel domani. Le azioni necessarie per monitorare sono quelle indicate dall'Agenzia Regionale di Protezione Ambientale del Lazio, che il 13 novembre 2007 ha scritto alle autorità competenti ammettendo di non poter controllare la centrale a carbone una volta in funzione, per lacune dei documenti autorizzativi: mancano i limiti di emissione di vari inquinanti, tra cui l'arsenico e l'autorizzazione rilasciata ad Enel nel 2003 è priva del piano di monitoraggio. Conclusione: per monitorare la centrale di Torre Valdaliga Nord non bastano i proclami e chi non ha rivendicato l'attuazione delle richieste di A.R.P.A. non è credibile quando parla di monitoraggio. Mazzola non c'era quando il Comitato dei Cittadini Liberi era sotto il ministero per chiedere quanto denunciato da A.R.P.A. Lazio. Il Comitato dei Cittadini Liberi vuole fermare la centrale a carbone perché dispone dei documenti scientifici che dimostrano i danni che il carbone farà e va fermata adesso prima dell'accensione a carbone. La farsa dell'accensione del 30 luglio scorso, a cui grazie ai No Coke a cui si è sottratto all’ultimo momento Berlusconi , resta una farsa.

Ma il Comitato denuncia anche che sarà difficile inchiodare Enel alle sue responsabilità dopo l'accensione, in base ai monitoraggi, se non sarà stato rilevato l'inquinamento prima del carbone, per poter affermare poi qual'è la parte aggiunta. Questo l'aveva promesso senza mantenerlo Marrazzo e Mazzola non ha fatto nulla per esigere le indagini necessarie a conoscere oggi lo stato attuale del nostro territorio. Concludendo: tolta la parola monitoraggio, che nei discorsi di Mazzola non significa nulla come dimostrato, restano solo le compensazioni che rappresentano per Enel una polizza d'assicurazione contro azioni legali future da parte del Comune di Tarquinia. L'argomento sostenuto da chi vuole far accendere la centrale a carbone - che non dobbiamo restare a bocca asciutta come all'epoca del nucleare - rende tutto più amaro perché i circa 14.000.000 di euro promessi dall'inquinatore potrebbero essere una pietra tombale su tanti morti di tumore e leucemia che il carbone causerà, sulla fine del turismo e su un'agricoltura che da sola vale quasi 100.000.000 di euro all'anno.

2008/10/31 Al MIT "Massachusetts Institute of Technology "scoprono come ricavare energia solare illimitata




Tratto da Eco blog.it
Al MIT scoprono come ricavare energia solare illimitata

pubblicato: martedì 28 ottobre 2008 in: Energia Scienza Informazione Nord America Solare

Dei ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (MIT) hanno scoperto un nuovo modo di immagazzinare energia dalla luce del sole, che potrebbe condurre all’uso di energia solare illimitata.


Basandosi sulla fotosintesi delle piante, si usa l’energia solare per scindere molecole di acqua in idrogeno e ossigeno. Successivamente, questi gas possono venire ricombinati in una pila a combustibile, andando a produrre elettricità carbon-free, sia con il sole che senza. Secondo i ricercatori del MIT, questo renderebbe l’energia ricavata dal sole una valida alternativa alle sorgenti mainstream di energia elettrica.

E’ un fatto che in un’ora, la terra viene raggiunta da abbastanza luce solare per rifornire l’intero pianeta per un anno, il problema è come immagazzinarla; secondo il Prof. Daniel Nocera, leader del progetto “Questo è il Nirvana di cui si va parlando da anni. L’energia solare è sempre stata una soluzione con dei limiti. Adesso, possiamo seriamente pensarla come illimitata, fin da subito.”

Energia solare illimitata


28 Ottobre 2008 di Massimiliano Mattei

tratta da Terni in rete

L'invenzione del Massachusetts Institute of Technology promette di cambiare il futuro dell'umanità.
Non è la prima volta che qualcuno grida al miracolo, per quanto concerne il problema dell'energia, che insieme a quello ecologico a cui è strettamente connesso, si fa sempre più pressante.
Questa volta il profeta dell'energia è però un volto istituzionale e ben noto, quello del MIT (Massachusetts Institute of Technology), vero crogiuolo di geni dell'innovazione tecnologica.
In particolare il fautore del progetto è l'entusiasta dott. Daniel Nocera, che si è ispirato per la sua invenzione ai principi della fotosintesi nelle piante.
Lo scienziato ci ricorda che l'energia solare che investe il pianeta in una sola ora, sarebbe in grado di coprire il fabbisogno energetico mondiale di un intero anno.

Con queste premesse, quello che segue non può che catturare la nostra attenzione.
Il vero problema dunque non è tanto nella trasformazione o nel catturare questa energia, ma nel conservarla affinché possa essere utilizzata quando necessario. I metodi di immagazzinamento applicati attualmente alle tecnologie fotovoltaiche, risultano inefficienti e obsoleti, tanto da rendere queste tecnologie eco-compatibili impiegate ancora marginalmente e non come principale o addirittura unica fonte di energia.
E' proprio questo invece l'obiettivo del team del MIT, che garantisce un immagazzinamento talmente efficiente, da prospettare una svolta nel cammino dell'umanità sempre più apparentemente indirizzato al baratro ecologico ed energetico.
Il sistema prevede che l'energia solare, tramite un catalizzatore, venga utilizzata per separare l'acqua nei suoi componenti principali, idrogeno e ossigeno. In un secondo momento questi gas vengono ricombinati in una sorta di "super-pila", generando di fatto elettricità senza l'utilizzo di combustibili fossili o altri processi inquinanti.
La chiave di volta di tutto il procedimento sono proprio i catalizzatori utilizzati per la scissione dell'acqua in gas, composti rispettivamente di cobalto, fosfato e un elettrodo per l'ossigeno e di platino per l'idrogeno.
Quello che secondo il dott. Nocera e il suo collaboratore Matthew Kanan, rende il sistema ancora più appetibile e di facile diffusione, è proprio la sua estrema facilità di implementazione, dato che il tutto funziona a temperatura ambiente e in acqua con pH neutro.
James Barber, noto studioso di fotosintesi e Professore di Biochimica presso l'Imperial College di Londra, estraneo alla ricerca portata avanti nei laboratori del MIT, conferma che la scoperta è un enorme passo in avanti verso una energia pulita, libera da carburanti fossili e su scala mondiale.
Secondo Barber, l'impatto di questa ricerca sul il futuro dell'umanità è decisivo.
Il dott. Nocera è confidente nel fatto che entro 10 anni questa tecnologia sarà talmente diffusa, in ogni singola casa privata oltre che su scala industriale, che le vecchie centrali elettriche "via cavo" saranno solo un ricordo del passato.

30 ottobre 2008

2008/10/30 "Per salvare l'economia bisogna salvare l'ambiente"


Tratto da TERRANAUTA.IT
Per salvare l'economia bisogna salvare l'ambiente

In tempi di crisi economica, il governo italiano ritiene che non si possa investire sull'ambiente, perché i costi sarebbero eccessivi. La realtà, invece, è ben diversa. Se non si investe sull'ambiente i costi economici, ecologici e umani saranno incalcolabili. Altro che crisi delle banche.


di Marco Cedolin


Nelle ultime settimane ha suscitato notevoli perplessità la posizione estremamente critica assunta dall’Italia, per decisione del Presidente del consiglio Silvio Berlusconi, nei confronti del pacchetto UE sul clima che ha come obiettivo la riduzione dei gas serra entro il 2020 e comporterebbe per quanto riguarda il nostro Paese il taglio delle emissioni di CO2 del 13% rispetto ai livelli del 2005 nei settori non inclusi nel sistema di scambio di emissioni quali rifiuti, trasporti ed edilizia.

Il governo italiano, di concerto con i vertici di Confindustria, ha deciso di entrare in netto contrasto con i programmi europei in materia di contenimento delle emissioni inquinanti, affermando di ritenere troppo elevati per l’industria nazionale i costi economici necessari per il raggiungimento degli obiettivi prefissati, soprattutto alla luce della grave crisi finanziaria che ha recentemente colpito l’Occident
e. Costi che proprio uno studio di Confindustria avrebbe quantificato in circa 180 miliardi di euro nel corso dei 12 anni che ci separano dal 2020.

Mentre l’Unione Europea dimostra di ritenere, avendolo ribadito ancora ieri con le parole del Presidente della commissione UE Barroso, il piano europeo sul cambiamento climatico e l'energia come parte della soluzione per fronteggiare la crisi economica, di contralto il governo italiano continua a ritenere che le misure proposte rappresentino solamente un costo economico - peraltro insostenibile alla luce della situazione attuale - anziché un investimento economicamente produttivo.

Questa evidente dicotomia di vedute che potrebbe preludere ad una definitiva frattura fra i programmi futuri della UE e del nostro Paese in tema di provvedimenti a favore dell’ambiente, merita senza dubbio qualche riflessione.

Occorre innanzitutto sottolineare come tutta la questione venga affrontata a livello politico focalizzando l’attenzione solamente sulle conseguenze economiche dei mutamenti climatici, senza prendere nella minima considerazione le conseguenze ecologiche di un fenomeno che secondo le conclusioni dell’ultimo rapporto degli studiosi dell’IPCC, approvato a Parigi il 2 febbraio 2007, potrebbe determinare un vero e proprio “collasso” in grado di causare perfino l’estinzione della specie umana o comunque determinare stravolgimenti della biosfera in grado di pregiudicare la possibilità dell’uomo di vivere sul pianeta così come lo ha fatto fino ad oggi.

In conseguenza di ciò, l’approvazione di stringenti normative in materia di emissioni inquinanti, volte a tentare di non peggiorare ulteriormente la già compromessa situazione, risulta indispensabile a prescindere da quali possano essere le implicazioni economiche di tali normative.

Restando invece all’interno dell’ambito economico nel merito del quale si è fino ad oggi svolto il confronto, vanno sicuramente ricordati i risultati emersi dal Rapporto Stern, presentato a Londra il 30 ottobre 2006 e commissionato dal governo britannico al fine di vagliare le potenziali conseguenze economiche dei danni ambientali determinati dai mutamenti climatici.

Gli economisti che hanno portato avanti lo studio che consta di 700 pagine, sono arrivati alla conclusione che a livello mondiale sarebbe stato indispensabile “sacrificare” fin da subito almeno l’1% del Pil globale, per evitare una catastrofe ambientale che avrebbe condotto ad una crisi economica notevolmente superiore a quella del 1929, in grado di determinare la perdita del 20% dell’intero Pil mondiale.

Tutto ciò poiché un incremento della temperatura media superiore ai 2 gradi sarebbe in grado di provocare disastrose conseguenze nell’ambito dell’agricoltura, del turismo e della salute umana che per forza di cose oltre alle implicazioni di carattere ecologico e sociale determinerebbero conseguenze altrettanto imponenti in termini economici. Sempre Stern non ha mancato di ricordare al governo britannico come la scelta di continuare per la nostra strada fingendo che nulla stia accadendo (sostanzialmente l’atteggiamento proposto da Berlusconi) avrebbe il solo effetto di soffocare ulteriormente la crescita economica.

A confermare le opinioni espresse all’interno del Rapporto Stern, oltre alle riflessioni di molti altri economisti e uomini politici dalla notoriamente scarsa sensibilità ambientalista, sono arrivate nei giorni scorsi anche le conclusioni di uno studio realizzato dall’Università di Berkley, concernente gli effetti sull’economia delle politiche di efficienza energetica intraprese dalla California all'indomani dello shock petrolifero del 1977.

David Roland-Holst, economista del Center for Energy, Resources and Economic Sustainability del prestigioso ateneo californiano ha infatti messo in luce come nel corso dell’ultimo trentennio l’introduzione in California di altissimi standard di efficienza energetica sia per quanto concerne gli edifici, sia nell’ambito degli elettrodomestici, abbia determinato la creazione di un vero e proprio circolo virtuoso che oltre a determinare un miglioramento dello stato di salute dell’ambiente ha comportato la creazione di un milione e mezzo di nuovi posti di lavoro a fronte dei 25mila persi.

Il notevole risparmio energetico, grazie al quale la California consuma oggi la stessa quantità di energia che bruciava 30 anni fa, mentre nel resto degli Stati Uniti nello stesso lasso di tempo i consumi sono raddoppiati, ha evitato la costruzione di 24 nuove centrali elettriche di media potenza, lasciando nelle tasche dei cittadini una gran quantità di dollari sottratti al pagamento delle bollette dell’energia.

Lo spostamento di grandi risorse da un settore a bassissima incidenza d’occupazione come quello dei prodotti petroliferi, ad altri settori come l’alimentare, le manifatture ed i servizi che comportano un elevato numero di occupati si è rivelata una molla in grado di sollevare l’economia californiana che a fronte di "perdite" per 1,6 miliardi di dollari nel settore energetico, nel corso del trentennio preso in esame, ha visto crescere il volume d'affari complessivo di ben 44,6 miliardi di dollari.

Stante il presupposto che tentare di salvare l’ambiente rappresenta una scelta indispensabile che travalica qualunque differenza politica ed ideologica, se vogliamo evitare che i nostri figli, nel migliore dei casi, si ritrovino a “spendere” la propria vita sotto terra all’interno di metropoli che sopravvivono in atmosfera controllata, sembra evidente alla luce dei principali studi che hanno analizzato la materia, come “salvare l’ambiente” sia anche l’unica via per “salvare l’economia”, dal momento che una delle conseguenze del disastro ambientale sarebbe proprio quella di compromettere la sopravvivenza del sistema economico.

Berlusconi e Confindustria, probabilmente incapaci di trovare una chiave di lettura della realtà che prescinda dal brevissimo periodo, sembrano fino ad oggi totalmente refrattari a farsi carico di qualsiasi responsabilità in questo senso, imponendo per forza di cose il proprio atteggiamento a tutti gli italiani. Non resta che sperare in un ripensamento, magari indotto dalla tardiva presa di coscienza che agire così non “conviene “ neppure ai loro interessi, economici naturalmente.

2008/10/30 "Provincia di Torino: all'avanguardia contro l'inquinamento industriale"








Tratto da www.provincia.torino.it

Provincia di Torino: all'avanguardia contro l'inquinamento industriale
Abbattere l'inquinamento ambientale a livello di processi produttivi e nello stesso tempo semplificare le procedure amministrative e autorizzative.
E' quanto si propone la Provincia di Torino che, fra le prime in Italia, ha avviato una procedura di autorizzazione che regolamenta l'attività delle imprese con l'obiettivo di certificare e autorizzare i procedimenti produttivi nel rispetto delle norme europee per l'abbattimento e il contenimento dell'inquinamento ambientale, riunificando in un unico atto autorizzazioni altrimenti distinte in materia di emissioni in aria, nell'acqua e sul suolo.

La procedura si chiama lppc (Integrated Pollution Prevention and Control) e risponde ad una direttiva europea. Ad oggi la Provincia di Torino ha già rilasciato oltre 170 autorizzazioni: fra le aziende che fanno richiesta di ricevere l'autorizzazione integrata ambientale sul territorio provinciale ,prevalgono gli allevamenti di bestiame, aziende del comparto fondiario e dell'automotive: fra queste le più conosciute sono Pininfarina e Fiat Auto (per quanto concerne lo stabilimento di Mirafiori), Ilte, Martini & Rossi, Lavazza.

Il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale in sostituzione di più atti autorizzativi, oltre a comportare una semplificazione amministrativa sia per il gestore dell'impianto che per la Provincia di Torino, permette di superare in modo integrato la logica degli approcci distinti nella valutazione e nel controllo delle emissioni in aria, in acqua o nel suolo: una visione limitata alle singole matrici ambientali può favorire il trasferimento dell'inquinamento da una matrice all'altra.

Un ulteriore elemento di innovazione è rappresentato dal confronto, nell'ambito dell'istruttoria, tra le tecnologie e modalità di gestione del sito IPPC e le migliori tecnologie disponibili in ambito industriale. Per fare il punto sullo stato di attuazione dell'Ippc in Italia ed in Europa, domani giovedì 30 ottobre e venerdì l'Auditorium della nuova sede della Provincia di Torino in corso Inghilterra 7/9 ospita il secondo meeting internazionale, dal titolo L'introduzione delle BAT per l'ambiente e la salute pubblica, che consentirà di mettere a confronto le esperienze e le difficoltà di applicazione della direttiva e in particolare aprirà un approfondimento sulle Bat- Best Available Technology, ovvero le migliori tecnologie disponibili- per il trattamento delle emissioni nelle matrici aria e acqua.

Il convegno sarà aperto domani mattina alle 9.30 dal Presidente della Provincia di Torino Antonio Saitta, dal Presidente Unione Industriale di Torino Gianfranco Carbonato, dal Presidente API Torino Claudia Porchietto e da Giuseppe Genon, Presidente della Fondazione per l'Ambiente T. Fenoglio. Le sessioni tematiche della prima giornata sono focalizzate su quelle attività industriali i cui impatti interessano prevalentemente la matrice atmosferica, mentre nella seconda giornata l'attenzione sarà rivolta agli impatti sulla matrice acqua.

29 ottobre 2008

2008/10/30"La linea giusta è PREVENIRE"


tralcio della relazione del Dott. Mantovani
La linea giusta è PREVENIRE
tratto da www.ambientesaluterivara

Generalità

Con il termine NOx vengono indicati genericamente l’insieme dei due più importanti ossidi di azoto a livello di inquinamento atmosferico ossia l’ossido di azoto, NO, e il biossido di azoto, NO2 , gas bruno di odore acre e pungente.

L’ossido di azoto, NO, è formato principalmente per reazione dell’azoto contenuto nell’aria (c.a.70% N2 ) con l’ossigeno atmosferico in processi che avvengono ad elevata temperatura e in special modo durante le combustioni per la produzione di calore, vapore, energia elettrica, energia meccanica (autotrazione, esplosioni), incenerimento, ecc.. .

Una volta formatosi, l’ossido di azoto, interagendo con l’ossigeno durante il processo di raffreddamento dei fumi, sempre in eccesso in un processo di combustione, si trasforma parzialmente in biossido di azoto con formazione di un miscuglio dei due ossidi chiamato NOx.

Effetti sull’ambiente e sull’uomo I maggiori effetti diretti sull’ambiente degli ossidi di azoto sono dovuti alla loro ricaduta sotto forma di acido nitrico che creano zone di aggressione puntiformi ad elevata concentrazione, sia dagli ossidi in quanto tali.

Esperimenti condotti hanno portato a verificare che 1 ppm di NO2 per 24 ore di esposizione crea già le prime necrosi a livello del fogliame, mentre 10 ppm di NO per 24 ore debilitano già in modo sensibile la fotosintesi clorofilliana.

Sull’uomo è stato riscontrato che l’NO2 pare essere 4 volte più pericoloso dell’ NO ma data la facilità del loro interscambio entrambi sono potenzialmente pericolosi.

Particolarmente significative sono comunque le esposizioni prolungate anche a bassi tassi di ossidi di azoto tanto che si sta studiando la possibilità che ben più importante debba essere l’apporto di ossidi di azoto respirati durante il soggiorno nelle abitazioni (inquinamento indoor) dovuto all’utilizzo dei fornelli a gas o alle caldaie di riscaldamento acqua e/o ambiente.

Oltre alla loro pericolosità intrinseca, essendo questi particolarmente reattivi specialmente con sostanze di origine idrocarburica, si arriva alla formazione di composti la cui tossicità ne risulta fortemente amplificata.

Riassumendo, gli ossidi di azoto hanno la prerogativa di essere sostanze molto reattive in presenza della luce solare e di portare alla produzione di una grande quantità di radicali liberi.

Conclusioni:

Risulta dimostrato che vi è correlazione tra esposizione ad inquinanti dell’aria e insorgenza di tumori.

• Gli ossidi di azoto, gas emessi sia dal traffico veicolare ma anche da impianti che funzionano bruciando idrocarburi, sono particolarmente reattivi e in presenza di luce solare e alte temperature liberano radicali liberi in grande quantità che sono responsabili delle mutazioni del DNA che provocano il cancro.

Gli ossidi di azoto in presenza dell’umidità atmosferica si trasformano in acido nitrico che provoca danni alle colture agricole.

• La bassa pianura modenese già ora paga un tributo molto elevato in fatto di tumori al polmone e linfomi.

Dott. Roberto Mantovani

2008/10/29 "Centrale a carbone: una bugìa, una conferma, una notizia e pericolose omissioni "


TRATTO da Strill.it
Centrale a carbone: una bugìa, una conferma, una notizia e pericolose omissioni
Mercoledì 29 Ottobre 2008

di Antonino Monteleone -
E' passato poco più di un mese dall'annuncio di SEI Spa che, in un comunicato, rendeva noto di avere chiesto la sopensione della procedura autorizzativa per la costruzione della Centrale a Carbone di Saline Joniche.

I fatti dicono che la macchina, in realtà, è ancora in moto. Ecco perché.
Il 19 settembre, accertata la contrarietà degli enti territoriali coinvolti, la Sei Spa scriveva al Ministero per lo Sviluppo Economico, dell'Ambiente, dei Beni Culturali ed alla Regione Calabria per comunicare che “alla luce delle osservazioni emerse anche nel corso della Conferenza di servizi tenutasi in data 18 settembre ultimo scorso" la società chiede "la sospensione della procedura autorizzativa”. Questo perché - scriveva ancora la SEI - è necessaria “una ricalibratura di progetto e/o integrazioni eventualmente neessarie”.
Che non è proprio quello che il comunicato diffuso alla stampa, accolto con gli applausi dalle associazioni e da una fetta di politica, firmato dall'amministratore delegato della partecipata elvetica, lasciava intendere.

Il motivo è presto detto. E' lo stesso Ministero dello Sviluppo Economico, infatti, che il giorno successivo risponde a SEI ricordando che "il procedimento in essere presso questo Dicastero è già "di fatto" sospeso, in attesa delle risultanze del procedimento di valutazione d'impatto ambientale, il cui esito positivo costituisce parte integrante e condizione necessaria del procedimento autorizzativo".

Lo stesso Ministero dell'Ambiente, che non ha partecipato alla conferenza dei servizi, ha comunicato che "in relazione all'istanza della Società SEI Spa, del 19/06/2008 (prot. DSA-2008-0017241 del 23/06/2008) di pronuncia di compatibilità ambientale ai sensi del D.lgs n. 152/2006 come modificato dal D.lgs n. 4/2008, (...) sono state completate positivamente le verifiche preliminari di competenza della Divisione III di questa Direzione in merito alla procedibilità della detta richiesta di riavvio del procedimento.

Dall'accesso agli atti depositati presso il Ministero dello Sviluppo Economico, quindi, la conferma che la procedura non si è interrotta, ma la palla è passata al Ministero dell'Ambiente che dovrà pronunciarsi in sede di Commissione Tecnica di Verifica dell'Impatto Ambientale. La Sei, in modo equivoco, ha annunciato - o voluto far credere - che un progetto da 1,1 MLD di euro fosse stato appallottolato e scaraventato dentro la pattumiera al primo ostacolo concreto.

Non è così. E la famosa delibera risolutiva (il "no" definitivo) della Giunta Regionale della Calabria, hanno spiegato da Via Molise, sede del Ministero dello Sviluppo Economico, non è ancora pervenuta.

Dal verbale della conferenza dei servizi, infatti, leggiamo - con un po' di stupore - che Giuseppe Graziano, in rappresentanza dell'assessorato all'Ambiente della Regione Calabria ha dichiarato che "non c'è ancora un atto formale di denegata intesa da parte della Giunta Regionale in quanto nessun soggetto aveva ancora provveduto a chiedere formalmente un pronunciamento della Regione in tal senso, pronunciamento che avverrebbe con una delibera di Giunta Regionale".

Che è come ammettere di non avere mai conosciuto come si sviluppa l'intera procedura autorizzativa dell'impianto ex legge 55/2002. Posto che gli atti depositati dalla Regione non bastano a qualificarsi come "no" in termini di legge.

"Il rinvio alle determinazioni della Giunta Regionale non deve essere considerato come un rinvio di merito, ma è un rinvio legato esclusivamente alla non configurabilità dell'atto depositato dalla Regione Calabria nella riunione odierna quale formale atto di intesa negativa".

Per questo motivo "il procedimento viene "di fatto" sospeso in attesa della VIA, a meno che la Regione non provveda nel frattempo a formalizzare la denegata intesa all'iniziativa, nel qual caso il procedimento si concluderebbe ai sensi di quanto disposto dalla legge n. 55/2002.

Difficile, peraltro, che i 12 (dodici!) rappresentati di SEI intervenuti nella prima parte dei lavori della conferenza dei servizi del 18 settembre scorso (non avrebbero - formalmente - dovuto prendere parte ai lavori, ma hanno effettuato una sintesi del progetto da realizzare) avessero intenzione di perdere del tempo. E il tempo si traduce in quattrini. Una montagna di quattrini che gli investitori hanno puntato sul progetto.

Fino ad oggi le uniche informazioni relative alla composizione societaria di SEI Spa si limitavano alla circostanza che questa fosse una società di scopo di proprietà di Ratia Energia.

Saline Energie Ioniche Spa è costituita da 4 società.

Ratia Energie, la cui proprietà è suddivisa tra partner industriali (al 46%), il Cantone dei Grigioni (46 %) e la borsa di Zurigo (8%), con la quota del 57,5%.
GruppoHERA, società quotata in borsa e seconda "multiutility" in Italia per capitalizzazione (fatturato di 3 MLD di €) con una quota del 20%.
Foster-Wheeler, società di ingegneria e costruzione specializzata, che ha realizzato il progetto definitivo della mega centrale da 1320 MWe, con una quota del 15%.
APRI Sviluppo, società servizi nel campo della "promozione industriale, assistenza finanziaria" specializzata "nell'assunzione di capitale di rischio in aziende italiane all'estero e in aziende straniere in Italia", che con una quota pari al 7,5% ha "scommesso" sulla centrale qualcosa come 60 milioni di €.

Avere appreso la composizione societaria di SEI Spa consente di notare che è proprio una delle società che la controllano, il Gruppo HERA, a sostenere sul proprio sito internet l’uso del gas naturale contro altre fonti energetiche facendo presente che “produce circa il 25-30% in meno di emissioni di CO2 rispetto al quella dei prodotti petroliferi e addirittura il 40-50% in meno rispetto alla combustione del carbone”.
Sulle emissioni HERA argomenta in modo piuttosto efficace che “un ciclo combinato a gas consente di ridurre le emissioni di CO2 del 52% rispetto a un impianto tradizionale alimentato a olio combustibile e del 62% rispetto a un impianto alimentato a carbone”.
Caldeggia, insomma, l’uso del gas naturale con lo stessa tecnica don ila quale SEI vorrebbe accreditare il carbone come fonte energetica del "futuro”: “la domanda di gas naturale dell'Europa a 25 dovrebbe passare dai 436 miliardi di metri cubi circa del 2002 ai 524 nel 2012 per raggiungere i 633 miliardi nel 2030, con una crescita media annua tra il 2002 e il 2010 del 2,3%”.

La Sei, contrariamente a quanto affermato dal suo secondo socio ufficialmente, sostiente che "il repentino aumento del costo del petrolio, il cui trend di crescita è confermato dalle previsioni per i prossimi anni, contribuirà ad aumentare il ricorso al carbone in quei Paesi, quali Stati Uniti, Cina e India, in cui si trovano le maggiori riserve mondiali. Una lieve inversione è invece attesa da parte dell'Europa e Giappone, e in generale si stima una diminuzione di 2-3 punti percentuali della frazione di carbone sul consumo totale di energia".

A proposito di emissioni è di questi giorni la notizia della firma di un "accordo strategico" siglato tra tra Eni e Enel e Ministero dell'Ambiente, alla presenza del ministro Stefania Prestigiacomo.

L’accordo strategico prevede la cooperazione per lo sviluppo delle tecnologie di cattura, trasporto e sequestro geologico dell'anidride carbonica (CO2) e la realizzazione congiunta del primo progetto italiano per la sperimentazione dell'intero processo, dalla cattura della CO2 all'iniezione nel sottosuolo, al monitoraggio e alla verifica della stabilità e della sicurezza del deposito.

Contestualmente alla firma dell'accordo strategico, Eni, Enel e Ministero dell'Ambiente hanno firmato un Protocollo d'Intesa finalizzato alla verifica e diffusione delle tecniche di cattura della CO2 e alla promozione delle fonti rinnovabili.

La tecnologia che SEI si dice pronta ad adottare per contenere le emissioni. Questa prevede l'immissione, in appositi contenitori installati nel sottosuolo, della CO2 prodotta dalle centrali. Con rischi, specie di tipo geologico, non ancora accertati.

Nel documento più recente ed importante sul sequestro della CO2, pubblicato dall'IPPC, un organo della Commissione Europea dedicato alla prevenzione ed al controllo dell'inquinamento, si afferma che "l'applicazione di questa tecnologia aumenterebbe il costo della produzione di energia dal 35 al 70 %."

Anche se dal punto di vista ambientale preoccupano molto, molto di più, le emissioni di particolato di tipo PM 2,5 impossibile da filtrare e letale per l'uomo.

Da quando è stata annunciata la "richiesta di sospensione" delle procedure la Sei è entrata in uno strano "silenzio stampa". Alla luce di questi fatti non si può che ritenerlo strategico.

Visto che la partita è ancora aperta e l'attenzione degli "attori" coinvolti va scemando.

2008/10/29 "E se l'epidemia di obesità dipendesse anche dalle sostanze chimiche disperse nell'ambiente?"


Fonte: Ufficio stampa SIPNEI 200

E se l'epidemia di obesità dipendesse anche dalle sostanze chimiche disperse nell'ambiente? L'ipotesi è stata presentata da Carla Lubrano, endocrinologa dell'Università Sapienza di Roma, al Congresso della Società Italiana di Psiconeuroendocrinoimmunologia (SIPNEI).


L'obesità e il sovrappeso sono in aumento in tutti i paesi occidentali: in Italia, oggi, è in sovrappeso un maschio adulto su due, una donna su tre e un bambino su tre. Le modificate abitudini di vita associate ad altri fattori di rischio, come l'appartenenza alle classi meno agiate e un basso livello di istruzione, possono essere responsabili. Accanto all'eccesso di cibo, recenti ricerche hanno preso in considerazione l'esposizione a sostanze chimiche ad attività endocrina presenti nell'ambiente come responsabile di tale epidemia.

Gli "interferenti endocrini" sono composti chimici presenti nell'ambiente in grado di modificare il sistema ormonale umano causando effetti dannosi a livello del singolo individuo, della sua progenie e/o di gruppi di individui. Il tessuto adiposo rappresenta sia il bersaglio che il sito d'accumulo di inquinanti ambientali, specialmente di quelli più resistenti alla degradazione chimica o biologica, i cosiddetti POPs (Persistent Organic Pollutants). Tali sostanze sono in grado di interagire con diversi recettori presenti nel nucleo della cellula e in tal modo di modificare la proliferazione, la differenziazione, il metabolismo e le funzioni delle cellule del tessuto adiposo, influenzando lo sviluppo di obesità e di malattie associate come diabete e coronaropatia.

Recentemente sono stati pubblicati studi epidemiologici nell'uomo riguardanti le strette correlazioni esistenti tra livelli circolanti di pesticidi organoclorurati e prevalenza di sindrome metabolica e insulino-resistenza (che sono condizioni che conducono al diabete); è stata dimostrata inoltre un'associazione positiva tra indice di massa corporea e massa adiposa da un lato e livelli plasmatici di pesticidi organoclorurati dall'altro.

L'esposizione a sostanze chimiche e a metalli pesanti presenti nell'ambiente, sia durante la vita fetale che successivamente, sembra quindi essere in grado da un lato di 'riprogrammare' il metabolismo delle cellule grasse nel senso dello sviluppo dell'obesità e dall'altro di interferire con i meccanismi di regolazione dell'introito calorico e del dispendio energetico, giocando un ruolo preminente nello sviluppo dell'epidemia di obesità e delle malattie correlate.

2009/10/29 "Regione Liguria e CO2: Burlando e Zunino per il rispetto degli accordi Ue."


MODA Savona

Regione Liguria e CO2: Burlando e Zunino per il rispetto degli accordi Ue.
Ma occorre passare dalle parole ai fatti


Abbiamo appreso con soddisfazione (vedi La Stampa del 20/10/08) che la Giunta Ligure (vedi dichiarazioni di Burlando e Zunino) intendono rispettare "…obiettivi dell’Unione Europea per il 2020 per la salvaguardia della salute del Pianeta…"; siamo ovviamente certi che la giunta ligure promuoverà il depotenziamento e la completa metanizzazione della Centrale di Vado, come era stato richiesto anche dall’Istituto Superiore di Sanità e come era stato deliberato all’unanimità dai Comuni di Vado, Quiliano e dalla Provincia di Savona. Vogliamo infatti ricordare che la centrale a carbone Tirreno Power di Vado-Quiliano è la principale fonte di inquinamento per la CO2 (anidride carbonica) di tutta la Liguria con circa 4 milioni di tonnellatenle nel 2007 considerando soprattutto il fatto che sono state emesse dalle ciminiere nel 2007 535.000 tonnellate in più rispetto ai limiti fissati dal protocollo di Kyoto (fonte Greenpeace). Concludendo l’Assessore Zunino conosce perfettamente, come ha già affermato, la serietà e il rigore dell’Istituto Superiore di sanità (Prof. Cortelessa) ed inoltre lo stesso Sindaco di Spotorno Marengo con rigore e coerenza ha recentemente affermato (vedi "Il Letimbro" Ottobre 2008) che "…il nostro Consiglio Comunale ha richiesto il miglioramento degli impianti esistenti, proponendo anche il loro depotenziamento, al fine di ridurre le emissioni nocive nell’aria".

Savona, 27 Ottobre 2008

Dr.Virginio Fadda (biologo)

Dott.Agostino Torcello (medico pneumologo)

MODA Savona

2008/10/28 "IL MEDICO E LE SFIDE AMBIENTALI "IL CASO DIOSSINA



Riceviamo Dalla Dottoressa Patrizia Gentilini l'invito e volentieri lo pubblichiamo ringraziando lei e tutti i medici ISDE e i relatori per il loro continuo lavoro nella ricerca della tutela della salute e della salvaguardia dell'ambiente che ci circonda.

28 ottobre 2008

2008/10/28 "Energia e clima, l´Europa fa i conti dell´inazione"


TRATTO DA GREENREPORT
Energia e clima, l´Europa fa i conti dell´inazione

BRUXELLES. Non lascia scampo alle ritrosie italiane la nuova pubblicazione della Commissione europea, "L´Europa in movimento. La lotta contro i cambiamenti climatici. L´Ue apre la strada": «L´Ue - si legge nel documento - pensa che la strada da seguire sia una politica integrata in materia di energia e di cambiamento climatico, essendo ormai appurato che bruciare i combustibili fossili a fini energetici contribuisce in maniera sostanziale al cambiamento climatico. I leader dell´Ue hanno sancito tale strategia sin dal marzo 2007. Ciò dimostra che l´Europa ha assunto un ruolo di leadership nella lotta al cambiamento climatico, preparando al contempo il terreno per il rafforzamento della propria sicurezza di approvvigionamento energetico e della propria concorrenzialità. La politica integrata in materia di energia e cambiamento climatico preannuncia il lancio di una nuova rivoluzione industriale, volta a trasformare il modo in cui produciamo ed usiamo l´energia nonché i tipi di energia che utilizziamo. L´obiettivo è passare a un’economia compatibile con il clima, basata su una combinazione di tecnologie e di risorse energetiche a bassa emissione di anidride carbonica. Per contenere il surriscaldamento del pianeta a 2° C sarà necessario fermare l´aumento delle emissioni mondiali di gas responsabili dell´effetto serra entro 10-15 anni, e ridurle a metà dei livelli del 1990 entro il 2050. L´Ue punta a un nuovo patto mondiale per raggiungere tali obiettivi. Essa ritiene che il primo passo dovrebbe essere la riduzione collettiva, da parte delle potenze industriali, delle proprie emissioni di gas responsabili dell´effetto serra, raggiungendo entro il 2020 un livello inferiore del 30% rispetto ai livelli del 1990. Anche i paesi in via di sviluppo, come ad esempio la Cina e l´India, dovranno iniziare a contenere la crescita delle proprie emissioni. Per sottolineare la propria determinazione e per dare un buon esempio ai propri partner, l´UE ha accettato di ridurre le proprie emissioni di gas responsabili dell´effetto serra almeno del 20% entro il 2020, a prescindere da quel che faranno gli altri paesi. L´UE pensa di raggiungere tale riduzione attraverso le azioni programmate nel quadro della nuova politica integrata in materia di energia e di cambiamento climatico, che si aggiungeranno alle misure già in vigore».

L´Ue quindi conferma gli elementi chiave della sua politica energetica: maggiore efficacia dei mercati dell´energia e del gas; diversificazione; una politica ambiziosa a favore delle energie rinnovabili; il risparmio energetico; la cooperazione internazionale. Secondo la Commissione probabilmente la lotta contro i cambiamenti climatici richiederà «importanti adeguamenti delle nostre abitudini quotidiane, ma non dovremo certo sacrificare la qualità della nostra vita. Tali cambiamenti sono infatti perfettamente compatibili con le priorità dell´Ue in materia di occupazione e crescita nonché con lo sviluppo sostenibile».

Per l´Ue i costi «saranno estremamente limitati, e in ogni caso assai inferiori ai costi dei danni che causerebbe il cambiamento climatico se non agissimo affatto. Se i paesi sviluppati concorderanno di ridurre le proprie emissioni collettive del 30% entro il 2020, la crescita economica mondiale subirebbe un ridimensionamento inferiore allo 0.2%. Si tratta di un prezzo assai limitato da pagare per scongiurare i potenziali costi a lungo termine del cambiamento climatico; senza tenere poi conto del valore aggiunto di altri benefici, come la riduzione dell´inquinamento atmosferico, la sicurezza dell´approvvigionamento energetico a prezzi prevedibili e il rafforzamento della concorrenzialità grazie all´innovazione. In pratica, i costi economici della riduzione delle emissioni verranno con ogni probabilità più che compensati da questi benefici».

La pubblicazione sottolinea che «L´Ue è riuscita a spezzare il legame tra crescita economica ed emissioni di gas responsabili dell´effetto serra: infatti tra l´anno di base 1990 e il 2006, nel pieno di una crescita economica nell´Ue, le emissioni globali dei suoi 27 Stati membri sono diminuite del 10,8%. Per quanto riguarda i 15 Stati membri "più anziani" (Ue-15), tale ribasso è stato pari al 2,7%. Si tratta di cifre incoraggianti, ma bisogna fare ben di più per raggiungere l´obiettivo UE-15 di una riduzione dell´8% entro il 2012. Le ultime proiezioni indicano che tale obiettivo può essere raggiunto, a condizione che i paesi dell´UE attuino veramente tutte le azioni previste». Speriamo se ne accorga anche il nostro governo.

2008/10/28"A PROPOSITO DI OZONO a QUILIANO"







A proposito di "OZONO a QUILIANO"


Nella prima immagine sono riportati i valori dell'ozono a Quiliano tratti dal sito della regione Liguria :"AMBIENTE IN LIGURIA" relativi alle ore 14 e 15 del 21 ottobre che risultano ampiamente al disopra sia della soglia di informazione che della soglia di allarme: 353.87 e 418,83
Valori che ci inducono a riflettere anche perchè non siamo a luglio e non sono dovuti certo al solo irradiamento solare .

Nella seconda immagine vi è l'allegato II(previsto dall'articolo 5,comma1)che detta le soglie di informazione e di allarme per l'ozono e le informazioni da fornire al pubblico
Nella III° immagini allegato III (previsto dall'articolo 9 )inerente le informazioni da trasmettere al Ministero dell'ambiente e alla Commissione europea

MA "Come si forma l'ozono nell'aria che respiriamo?"


Al livello del suolo la molecola di ozono si forma quando altri inquinanti, principalmente ossidi di azoto e composti organici volatili, reagiscono a causa della presenza della luce del sole.

Le sorgenti di questi inquinanti "precursori" dell'ozono sono di tipo antropico (i veicoli a motore, le centrali termoelettriche, le industrie, i solventi chimici, i processi di combustione etc. ), e di tipo naturale.
Le concentrazioni di ozono sono influenzate da diverse variabili meteorologiche come l'intensità della radiazione solare, la temperatura, la direzione e la velocità del vento: ecco perché si osservano delle sistematiche variazioni stagionali nei valori di ozono.
Nei periodi tardo-primaverili ed estivi, le particolari condizioni di alta pressione, elevate temperature e scarsa ventilazione favoriscono il ristagno e l'accumulo degli inquinanti e il forte irraggiamento solare innesca una serie di reazioni fotochimiche che determinano concentrazioni di ozono più elevate rispetto al livello naturale che è compreso tra i 20 e gli 80 microgrammi per metro cubo di aria. Al contrario in inverno si registrano le concentrazioni più basse.

Quali sono "Gli effetti dello smog fotochimico?"

I motivi che rendono necessario il monitoraggio dell'ozono e la riduzione delle sue concentrazioni in atmosfera sono numerosi.

La presenza di elevati livelli di ozono danneggia la salute umana, quella degli animali e delle piante (ne influenza la fotosintesi e la crescita), e produce il deterioramento dei materiali; riduce inoltre la visibilità.


Mentre al momento non sono ancora ben note le conseguenze "croniche", derivanti cioè da una lunga esposizione a basse concentrazioni di ozono, tra gli effetti "acuti" si devono ricordare le irritazioni agli occhi, al naso, alla gola e all'apparato respiratorio, un senso di pressione sul torace e la tosse (forte azione irritante nei confronti delle mucose).

In ogni caso i rischi dipendono dalla concentrazione di ozono presente e dalla durata dell'esposizione.
In caso di sforzi fisici l'azione irritante risulta più intensa e le prestazioni fisiche possono diminuire.

Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) la funzione respiratoria diminuisce in media del 10% nelle persone sensibili che praticano un'attività fisica all'aperto se la concentrazione dell'ozono nell'aria raggiunge 200 µg/m³.

Vari studi hanno evidenziato inoltre una maggiore frequenza di crisi asmatiche e, in concomitanza con altri inquinanti atmosferici, l'insorgere di malattie dell'apparato respiratorio.

Le più recenti indagini mostrano inoltre che lo smog estivo ed il forte inquinamento atmosferico possono portare ad una maggiore predisposizione ad allergie delle vie respiratorie.

Quando preoccuparsi per l'ozono?

A causa degli effetti dell'ozono sull'uomo e sulla vegetazione confermati da numerosi studi epidemiologici la normativa europea e a cascata quella italiana hanno regolamentato la valutazione delle concentrazioni di tale inquinante. Il Decreto Legislativo 183/04 che recepisce la Direttiva 2002/3/CE introduce le definizioni di:

1.soglia di informazione: livello oltre il quale vi è un rischio per la salute umana in caso di esposizione di breve durata per alcuni gruppi particolarmente sensibili della popolazione;
2. soglia di allarme: livello oltre il quale vi è un rischio per la salute umana in caso di esposizione di breve durata e raggiunto il quale devono essere adottate le misure previste dall’articolo 5;
3.obiettivo a lungo termine: concentrazione di ozono nell’aria al di sotto della quale si ritengono improbabili, in base alle conoscenze scientifiche attuali, effetti nocivi diretti sulla salute umana e sull’ambiente nel suo complesso. Tale obiettivo è conseguito nel lungo periodo, purché sia realizzabile mediante misure proporzionate, al fine di fornire un’efficace protezione della salute umana e dell’ambiente;
<
span style="font-weight:bold;">4.valore bersaglio: livello fissato al fine di evitare a lungo termine effetti nocivi sulla salute umana e sull’ambiente nel suo complesso, da conseguirsi per quanto possibile entro un dato periodo di tempo.
Nella Tabella di seguito riportata sono indicate le soglie e gli obiettivi a lungo termine introdotti dal D.Lgs. 183/04 e già in vigore. I valori bersaglio per la protezione della popolazione e della vegetazione entreranno in vigore dal 1° gennaio 2010.

Quali sono gli obbiettivi e le soglie di"Protezione salute umana"?

Obiettivo a lungo termine per la protezione della salute umana
Media su 8 ore massima giornaliera nell’arco di un anno civile:120 µg/m³

Soglia di informazione
Media di 1 ora:180 µg/m³

Soglia di allarme
Media di 1 ora:240 µg/m³



Il decreto legislativo:pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 171 del 23 luglio 2004 - Supplemento Ordinario n. 127
emanato dal Presidente della Repubblica

recita
Art. 1.
Campo di applicazione e finalità

1. Il presente decreto legislativo, stabilisce, per l'inquinante ozono:

a) i valori bersaglio, gli obiettivi a lungo termine, la soglia di allarme e la soglia di informazione, al fine di prevenire o ridurre gli effetti nocivi sulla salute umana e sull'ambiente;
b) i metodi ed i criteri per la valutazione delle concentrazioni di ozono e per la valutazione delle concentrazioni dei precursori dell'ozono nell'aria;
c) le misure volte a consentire l'informazione del pubblico in merito alle concentrazioni di ozono;
d) le misure volte a mantenere la qualità dell'aria laddove la stessa risulta buona in relazione all'ozono, e le misure dirette a consentirne il miglioramento negli altri casi;
e) le modalità di cooperazione con gli altri Stati membri dell'Unione europea ai fini della riduzione dei livelli di ozono.

Art. 2.
Definizioni

a) precursori dell'ozono: sostanze che contribuiscono alla formazione di ozono a livello del suolo;
d) valore bersaglio: livello fissato al fine di evitare a lungo termine effetti nocivi sulla salute umana e sull'ambiente nel suo complesso, da conseguirsi per quanto possibile entro un dato periodo di tempo;
e) obiettivo a lungo termine: concentrazione di ozono nell'aria al di sotto della quale si ritengono improbabili, in base alle conoscenze scientifiche attuali, effetti nocivi diretti sulla salute umana e sull'ambiente nel suo complesso. Tale obiettivo e' conseguito nel lungo periodo, sempreche' sia realizzabile mediante misure proporzionate, al fine di fornire un'efficace protezione della salute umana e dell'ambiente;
f) soglia di allarme: livello oltre il quale vi e' un rischio per la salute umana in caso di esposizione di breve durata e raggiunto il quale devono essere adottate le misure previste dall'articolo 5(allegatoII);
g) soglia di informazione: livello oltre il quale vi e' un rischio per la salute umana in caso di esposizione di breve durata per alcuni gruppi particolarmente sensibili della popolazione e raggiunto il quale devono essere adottate le misure previste dall'articolo 5;

Art. 5.
Soglie di allarme e soglie di informazione


1. Le soglie di allarme e le soglie di informazione per le concentrazioni di ozono nell'aria sono stabiliti all'allegato II, parte I.(il II° documento pubblicato come immagine)

3. Nelle zone in cui, sulla base delle valutazioni svolte ai sensi dell'articolo 6, sussiste un rischio di superamento della soglia di allarme, le regioni e le province autonome competenti adottano piani d'azione che indicano le misure specifiche da adottare a breve termine, tenendo conto delle circostanze locali particolari, qualora vi sia un potenziale significativo di riduzione di tale rischio o della durata o gravità dei superamenti della soglia di allarme. Detti piani possono prevedere, secondo i casi, misure di controllo graduali ed economicamente valide e, ove risulti necessario, misure di riduzione o di sospensione di talune attività che contribuiscono alle emissioni che determinano il superamento della soglia di allarme, in particolare del traffico di autoveicoli, nonche' misure efficaci connesse all'attività degli impianti industriali e all'utilizzazione di prodotti. Le regioni e le province autonome non sono tenute all'adozione del piano d'azione solo nel caso in cui accertano, con idonei studi, che non sussiste una possibilità significativa di ridurre il rischio, la durata o la gravità dei superamenti, tenuto conto delle condizioni geografiche, meteorologiche ed economiche

Art. 7.
Informazioni al pubblico


1. In caso di superamento delle soglie di allarme e delle soglie di informazione previste all'articolo 5, comma 1, e, se possibile, anche nel caso in cui si prevede il superamento di dette soglie, l'autorità di cui al comma 2 dello stesso articolo 5 fornisce al pubblico informazioni dettagliate che comprendono almeno gli elementi indicati nell'allegato II, parte II. In caso di superamento in corso o previsto delle soglie d'allarme, le informazioni di cui al presente comma sono comunicate con la massima tempestività alla popolazione interessata ed alle strutture sanitarie competenti.

2. Le regioni e le province autonome competenti mettono regolarmente a disposizione del pubblico informazioni sulle concentrazioni di ozono nell'aria, aggiornate con frequenza almeno giornaliera ovvero, se opportuno e possibile, con frequenza oraria. Dette informazioni includono almeno i casi di superamento dell'obiettivo a lungo termine riferito alla protezione della salute umana, i casi di superamento delle soglie di informazione e delle soglie di allarme, con la specificazione delle ore di superamento, nonche', se opportuno, una breve valutazione degli effetti sulla salute di tali casi di superamento.(omissis)

CONSIDERAZIONI DI UNITI PER LA SALUTE .CI SEMBRA INDISPENSABILE CHE LA POPOLAZIONE SIA CORRETTAMENTE INFORMATA SECONDO LE NORME DI LEGGE IN VIGORE E CHE SIANO PRESI TUTTI GLI OPPORTUNI PROVVEDIMENTI PER TUTELARE LA NOSTRA SALUTE.

Ulteriori informazioni sull'ozono e smog fotochimico si possono trovare sul nostro blog LINKS SITI INTERNET VIDEO nel documento OZONO E INQUINAMENTO DA SMOG FOTOCHIMICO.

2008/10/28 EMENDAMENTO DEL GOVERNO SUI CIP6, LEGAMBIENTE: ''UNA PALESE INFRAZIONE ALLA DIRETTIVA EUROPEA''


TRATTO DA UNONOTIZIE
ROMA / 28-10-2008
EMENDAMENTO DEL GOVERNO SUI CIP6, LEGAMBIENTE: ''UNA PALESE INFRAZIONE ALLA DIRETTIVA EUROPEA''

Dopo il ricorso a Bruxelles sugli impianti campani, continueremo a dare battaglia contro questa scelta vergognosa che farà lievitare ancora i costi sulla collettività

Il governo ha presentato sui Cip6 un vergognoso emendamento, che ci auguriamo il parlamento non faccia passare”. Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente, commenta così l’emendamento a firma del governo al ddl sviluppo, presentato per l'Aula, che sposta alla fine del 2009 la definizione degli impianti in regola per usufruire del Cip 6, ammettendo comunque ai finanziamenti e agli incentivi gli impianti impegnati nell'ambito dell'emergenza rifiuti.

Gli incentivi alle rinnovabili vadano veramente alle fonti pulite – continua Ciafani -. Basta con questo furto, che già ora pesa sulla collettività dai 3 ai 4 miliardi di euro ogni anno, prelevati direttamente dalle bollette elettriche. Estendere a qualsiasi impianto che brucia anche i rifiuti non biodegradabili la possibilità di accedere a questi incentivi è una palese infrazione alla direttiva europea sulle fonti rinnovabili e alla normativa sulla concorrenza. Legambiente ha già presentato ricorso a Bruxelles contro il cip6 ai tre inceneritori in Campania, e certo non esiteremo ora ad allargare la nostra azione contro tutti quegli impianti che usufruiranno dell’ingiusto guadagno elargito dal governo a spese dei cittadini.

La scelta del governo contraddice infatti la direttiva 2001/77/CE che prevede incentivi economici per la produzione di energia da fonti rinnovabili come i rifiuti biodegradabili. In questo modo, lo Stato violerebbe anche la Disciplina comunitaria degli aiuti di stato per la tutela ambientale.

Utilizzare i Cip6 per qualsiasi inceneritore – continua Ciafani - rappresenta una distorsione della concorrenza nel mercato europeo della produzione di energia perché per altri impianti in Europa una tale incentivazione economica non è prevista. Ma non solo: secondo quanto previsto dalla disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela ambientale, il Cip6 costituisce un’infrazione anche nel mercato della gestione dei rifiuti perché stravolge la loro classificazione gerarchica, rendendo il recupero di energia più conveniente rispetto al riciclaggio.

27 ottobre 2008

2008/10/28 "Lo scandalo Ilva investe il ministero:c'è una Seveso in Puglia e si chiama Taranto" NON LASCIATE MORIRE TARANTO E I TARANTINI!"


Tratto da Il Salvagente.it diritti
Lo scandalo Ilva investe il ministero: c'è una Seveso in Puglia e si chiama Taranto
Sostituiti i tecnici che indagano sull'inquinamento
.
Giorgia Nardelli
"Sul loro tavolo c'era il futuro del più grande stabilimento siderurgico d'Europa: l'Ilva di Taranto. E la salute di centinaia di migliaia di cittadini. Avrebbero dovuto decidere se concedere o meno alla fabbrica l'Autorizzazione integrata ambientale (Aia), una carta necessaria per la prosecuzione dell'attività. Invece non decideranno nulla. Il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo , li ha rimossi e al loro posto ha nominato tecnici di sua fiducia": la notizia è da questa mattina sulla prima pagina di Repubblica, firmata dall'inviato Giuliano Foschini, che dà anche la parola al presidente della Puglia, Nichi Vendola, che definisce la scelta della Prestigiacomo "una decapitazione del sapere tecnico-scientifico che dà forte ragione di inquietudine" e annuncia una legge regionale restrittiva contro l'inquinamento industriale.
Il numero de “Il Salvagente” in edicola questa settimana documenta ampiamente la storia di Taranto, “Seveso pugliese” e della diossina che è arrivata a contaminare perfino gli alimenti. Ecco uno degli articoli di Giorgia Nardelli che descrivono fino a che punto è arrivata la situazione.

Strano paese, l'Italia

Strano paese, l'Italia. Quest'inverno tutto lo stivale gridava all'allarme diossina, e si preoccupava per la sorte delle bufale campane contaminate. Ma poco più giù, a Taranto, qualcuno scopriva che a essere contaminati erano i formaggi, senza che la notizia riuscisse a uscire oltre il tacco d'Italia.
Eppure l'allarme non era destinato a rientrare. Le diossine nei formaggi c'erano - e ci sono - eccome, come sono nelle carni, e nel latte di alcuni allevamenti della zona che producono prodotti locali. Il fatto è così evidente, così grave, che in questi giorni saranno abbattuti di 1.200 capi di bestiami, e in molte aree verdi del circondario un'ordinanza vieta il pascolo delle bestie.

Il triste primato del camino E 312


Dall'atmosfera ai campi, diossine e pcb galleggiano nell'area cittadina in abbondanza, ma ufficialmente “non è provato” da dove vengano. Per farsi un'idea bastano però i dati ufficiali dell'Eper, il registro europeo delle emissioni inquinanti. Gli ultimi a disposizione dicono che nel 2005 in città è stata prodotta una mole incredibile di Pcdd (policlorodibenzo-p-diossine) e
Pcdf (policlorodibenzo-p-furani), famiglia di diossine cancerogene, e che la fonte è l'impianto Ilva,
il mega siderurgico già troppo noto alle cronache, che ha sputato 93 grammi di queste sostanze contro una produzione nazionale di 103 grammi. In pratica il 90% di quanto emesso in tutto il nostro paese. Mentre dal 2002, (quando la diossina sprigionata da tutti gli impianti industriali d'Italia era 222,5 grammi), le emissioni nazionali si sono dimezzate, il gigantesco stabilimento pugliese le ha aumentate da 70 a 93 grammi, gran parte fuoriusciti dal camino E 312, il camino dell'impianto di agglomerazione.

Sotto gli occhi di tutti

Ogni anno peggio, sotto gli occhi di tutti. Pensare che il registro Eper rende pubblici i suoi dati dal 2002, ma nessuno a Taranto come in Puglia ha saputo trovarli prima che questi venissero scoperti “per caso” dall'associazione Peacelink .
“Qui nessuno di noi immaginava che quel camino emettesse diossina”, dice Alessandro Marescotti di Peacelink, “l'unica cosa che vedevamo era quella torre di 200 metri e il suo fumo marrone che la sera si posava sul quartiere Tamburi. E pensare che a Taranto ci mandavano a fare le vacanze i bambini di Cernobyl”. Alla fine i numeri sono venuti fuori, denunciati da Peacelink, ma ancora una volta i primi ad agire sono stati i membri della società civile. Le prime analisi sugli umani le ha fatte nel febbraio del 2008 l'associazione Tarantoviva, con i soldi degli iscritti: “Abbiamo prelevato il sangue di dieci volontari e lo abbiamo fatto analizzare dal laboratorio Inca di Venezia. Il sangue del campione delle persone più anziane, le più esposte, conteneva il livello di diossina più alto mai registrato nella casistica internazionale”.
Più tardi l'associazione “bambini contro l'inquinamento” faceva analisi sul latte materno di alcune donne tarantine, e a febbraio scorso Peacelink faceva analizzare formaggio locale. Il responso era sempre lo stesso: la diossina era dovunque. “Nel formaggio ben 3 volte superiore al limite massimo tollerabile fissato dall'Ue”, racconta Marescotti. “Trattandosi di prodotti merceologici questa volta sono intervenute la magistratura che ha aperto un fascicolo, e la Asl, che ha avviato analisi e riscontri sul latte e sulle carni del bestiame delle masserie della zona”.

Contaminazione ufficiale

Anche le analisi ufficiali hanno adesso confermato che la diossina c'è, e arriva lontano. Su 30 allevamenti campionati da marzo a oggi 7 sono risultati positivi, i loro animali saranno abbattuti. In cambio delle bestie e del loro lavoro gli allevatori riceveranno 160mila euro, l'equivalente di 130 euro per animale. E il magro risarcimento arriverà dalla Regione, perché, beffa oltre al danno, un responsabile ufficiale non esiste ancora.(omissis)

Appuntamento a marzo 2009

Ma il passo avanti più importante che i tarantini aspettano per salvarsi dalla diossina sarà quello di marzo 2009. Entro questa data il ministero dell'Ambiente dovrebbe concedere all'Ilva l'Autorizzazione integrata ambientale, necessaria per continuare la sua attività. Tra le altre cose saranno fissati i limiti massimi consentiti per le emissioni di diossina. L'industria chiede che lo standard sia fissato a 3,5 nanogrammi per metro cubo, ma l'assessore all'ecologia della Regione Michele Losappio ha fatto sapere che chiederà di portare la soglia a 1, il valore di riferimento della normativa europea mai recepita in Italia.
In città non si cela un po' di sfiducia. Il patron dell'Ilva Emilio Riva è entrato a fare parte della cordata Cai, quella che ha salvato Alitalia, investendo nel progetto una congrua somma di denaro. I più maliziosi già temono che la contropartita per “ringraziare” Riva del suo “sacrificio”, possa ricadere sulla pelle dei tarantini. Solo illazioni, naturalmente. Ma fino a che i parametri non saranno fissati, tutti stanno alla finestra, in apprensione. Si sa, l'Italia è uno strano paese.

Tratto da La gazzetta del mezzogiorno dalla Puglia
LA LETTERA DI UN LETTORE SUL CASO ILVA
RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO



Chi vi scrive è un normalissimo cittadino senza alcun impegno politico o sindacale. Quello che mi spinge a scrivervi è la mia totale indignazione per il silenzio assoluto che vige sul “caso Taranto”. C’è stato un gran clamore per il caso diossina a Napoli e in tutta la campagna, un clamore che ha determinato l’intervento del commissario straordinario per i rifiuti e devo dire un clamore giustificato. Come ho apprezzato la bontà dell’intervento del governo.

Adesso però chiedo una simile attenzione anche sul “caso Taranto”. Settimanalmente avvengono chiusure di allevamenti ovini con conseguente soppressione dei capi di bestiame per contaminazione eccessiva di diossina; molte mamme non possono allattare i propri piccoli perché il latte è contaminato dalla diossina. I tumori del sangue sono aumentati del 40% nell’ultimo decennio, nascono bambini già ammalati di tumore, il male colpisce ormai quasi un terzo della popolazione. Di tutto questo chi parla?

A parte un articolo su Repubblica.it, un servizio di Uno Mattina e una puntata di Rosso Malpelo su La 7, nessuno ne ha parlato. Come ben vedete si tratta di programmi, di ottima fattura, ma al di fuori degli orari di grande seguito di ascoltatori. Perché nessun telegiornale della fasce orarie 12.30-14.00, 19.30-21.00 hanno dato risalto a questa informazione? Perché noi tarantini non abbiamo diritto alla salute come i cittadini napoletani?

Perché nessuno (solo il sito di Repubblica) parla della rimozione dei tecnici dell’Arpa Puglia che indagano sulle emissioni di diossina dell’Ilva? Perché nessun telegiornale o quotidiano (repubblica.it unico esente) ha riportato le reazioni indignate dell’Arpa Puglia e del governatore della Regione?


Spero che si tratti soltanto di una svista e non di una scelta e spero di trovare la risposta nei vostri Telegiornali e negli editoriali dei vostri giornali. Il mio non è un rimprovero, ma un appello:

NON LASCIATE MORIRE TARANTO E I TARANTINI!


CONSIDERAZIONI DI UNITI PER LA SALUTE.
IL PROBLEMA DELL'INQUINAMENTO AMBIENTALE RICHIEDE SICURAMENTE UNA MAGGIOR CONSIDERAZIONE E APPROFONDIMENTO DA PARTE DEI MEDIA E DELL'INFORMAZIONE IN GENERE.POICHE' UNA CORRETTA E INDIPENDENTE INFORMAZIONE E' IL SALE DELLA DEMOCRAZIA.
CERCHIAMO DI DARE VOCE AI TARANTINI DIFFONDENDO IL LORO ACCORATO APPELLO.

2008/10/28" Il grande male e i suoi alleati"di Devra Davis premio Nobel per la Pace 2007."


TRATTO DA IL SECOLO XIX dal Festival della Scienza

Il grande male e i suoi alleati
27 ottobre 2008
Nella sala del Minor Consiglio di Palazzo Ducale Lectio magistralis della scienziata americana di Devra Davis premio Nobel per la Pace 2007

IL 12 OTTOBRE dell’anno scorso la scienziata americana Devra Davis si è guadagnata il Nobel per la pace assieme ad Al Gore e all’Intergovernmental Panel on Climate Change (Foro sul mutamento climatico delle Nazioni Unite) di cui è membro. Con “Quando il fumo scorreva come l’acqua Inganni ambientali e battaglie contro l’inquinamento
, finalista al National Book Award, ha prodotto sconquassi nell’opinione pubblica. Epidemiologa di fama mondiale ha diretto l’ufficio di studi ambientali e tossicologici della National Academy of Science guida all’Università di Pittsburgh il primo Centro di oncologia ambientale del mondo. La sua indagine su ciò che ancora non ci è stato detto sulle sostanze cancerogene oggi continua con la pubblicazione di “La storia segreta della guerra al cancro” (Codice Edizioni, 2008) che sarà al centro della sua Lectio magistralis lunedì (27 ottobre) alle 17 nella sala del Minor Consiglio di Palazzo Ducale. Nella prefazione al libro, Devra Davis esprime con brutale chiarezza il suo personale rapporto con il cancro: “So che aspetto ha il cancro, che consistenza e che odore. Come molti della mia generazione sono un’orfana da cancro.Questa malattia ha spezzato la vita di entrambi i miei genitori”. La sua ricerca ultraventennale sul tabacco e la propaganda,da prima della Seconda Guerra Mondiale agli anni ’90, ripercorre gli episodi più oscuri e segreti e conferma come l’opinione pubblica possa essere sviata per puro profitto: i ricchi, afferma, occultano, manipolano o ritardando i risultati della ricerca che potrebbero aiutare chi denaro non ne ha. I primi studi sul cancro da fumo di sigaretta risalgono agli anni ’30 e ’40, dice, ma solo nel 1962 è stato dichiarato ufficialmente dal Royal College of Physicians inglese che il fumo provoca il cancro. La pubblicazione dei risultati di queste ricerche è stata rinviata almeno di cinque anni a causa delle pesanti pressioni delle industrie del tabacco che finanziavano paradossalmente anche il servizio sanitario del Regno Unito. «Spinoza ha detto che se vogliamo che il futuro sia diverso dal passato dobbiamo studiare il passato», spiega l’epidemiologa «La gente crede che ci siano ragioni scientifiche per il ritardo nell’affrontare certi rischi ambientali. Talvolta è così, ma gli stessi scienziati non sempre sembrano rendersi conto che spesso vengono messe a loro disposizione risorse finanziarie solo allo scopo di aumentare l’incertezza scientifica e generare dubbi sulla necessità di intervenire in qualche modo. L’industria del tabacco ha scritto le regole di questo gioco». Oggi, sgomberato il terreno dalle illusioni, archiviati certi filtri “miracolosi” che si scoprì che contenevano addirittura amianto, nessuno crede più che esista una sigaretta “più sana”. Devra Davis è categorica: «Ogni volta che si brucia materiale organico si produce catrame e un gran numero di agenti cancerogeni noti a tutti. L’idea che esista una sigaretta non dannosa è un ossimoro». Ma a che punto è veramente la ricerca sul cancro e le sue cure? «Non credo che possiamo risolvere il problema del cancro solo attraverso la cura» dice Devra Davis «Ciò che conta è che dobbiamo assolutamente trovare sistemi per impedire l’insorgenzadella malattia. A questo proposito io sono ottimista. Il costo dell’assistenza sanitaria è in continua crescita, ma anche gli investimenti per la prevenzione del cancro e di altre patologie. I successi che abbiamo ottenuto nella riduzione della mortalità per cancro al collo dell’utero e ai polmoni dimostrano che possiamo ridurne l’incidenza convincendo la gente a smettere di fumare». La nostra salute è nelle mani di onesti scienziati o di astuti pubblicitari che depistano e insabbiano per il profitto delle industrie? «Agli scienziati non è mai stata data la responsabilità della salute di nessuno. E questo forse non è un male» chiarisce Davis «La democrazia comporta che il pubblico abbia il diritto di sapere i rischi che ci minacciano. Molte delle forze di cui scrivo nel mio libro minacciano proprio il nostro diritto alla conoscenza. Thomas Jefferson disse che “Una democrazia esige un pubblico informato che liberamente consente di essere governato”. L’inquinamento dell’aria e dell’acqua può essere tenuto sotto controllo solo da persone che lavorano insieme per eleggere i politici che si impegnano veramente per un ambiente più sano e per lavorare con le loro comunità per garantire il cambiamento. Il mondo ha bisogno di leader capaci di infondere speranza. Credo che dal prossimo novembre l’America ne avrà di nuovo uno in grado di farlo». Certo, il pericolo che chi sa non ci dica tutto, soprattutto sulle patologie provocate dall’ambiente responsabile del 95 per cento dei tumori, esiste ancora, sostiene la scienziata. La recente messa in discussione del protocollo di Kyoto non sembra, tuttavia, preoccuparla eccessivamente. «Le notizie migliori che ci arrivano sul clima vengono dalle multinazionali e dalle città medie» afferma l’oncologa «Quelli non aspettano Kyoto ma stanno prendendo provvedimenti per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Gli edifici sono una delle fonti più grandi dei gas serra. Costruzioni ecocompatibili e più efficienti possono ridurre drasticamente la pressione sul clima.Materiali di recupero e materiali riciclati stanno radicalmente cambiando il nostro modo di pensare l’ambiente antropizzato». Ma che cosa possiamo concretamente fare noi comuni cittadini per prevenire il cancro?«Guardiamo sotto il lavandino, leggiamo le etichette, guardiamoci da catrame, benzene, amianto,raggi solari,sovraesposizione a raggi X,abuso di aspartame e ormoni, utilizzo sfrenato di cellulari.Stiamo attenti a qualsiasi sostanza mettiamo sul nostro corpo. Dobbiamo renderci conto che la pelle è il nostro organo più esteso. Se possiamo assumere medicinali attraverso la pelle come facciamo con il cerotto di nicotina o la pillola anticoncezionale, allora dobbiamo convincerci che tutto quello che arriva sulla superficie della pelle può penetrare nel corpo».
GIULIANA MANGANELLI

2008/10/27 "Anche Soros invoca un New Deal rinnovabile da Obama"


Tratto da greenreport
27/10/2008 Energia


Anche Soros invoca un New Deal rinnovabile da Obama

di Lucia Venturi

LIVORNO. "Ora c’è bisogno di un nuovo motore: e l’opportunità viene dal global warming e dalla necessità di raggiungere l’indipendenza energetica.
Ci sarà bisogno di enormi investimenti in energie alternative e nelle tecnologie per rimuovere il carbonio dai combustibili fossili, in particolare dal carbone. Questo vorrà dire meno disoccupazione, più investimenti e rilancio dell’economia mondiale".

Non è una frase estratta da un comunicato di una qualche associazione ambientalista, ma sono parole di George Soros, una delle principali menti di Wall street, che ha le idee molto chiare sia sulla crisi economico finanziaria planetaria (che non era niente affatto inaspettata) e sulle cause che l’hanno provocata (processi del tutto interni al sistema "che contraddice il paradigma tradizionale della finanza, secondo cui i mercati tendono verso una situazione di equilibrio") ma soprattutto dimostra di avere una grande lucidità sul modo di uscirne.

Lasciandosi alle spalle non solo i venerdì (ma anche i lunedì e in generale tutti gli altri giorni della settimana da un po’ di tempo a questa parte) neri delle borse, ma soprattutto rivedendo il modello economico attuale che ha dimostrato di non portare più da nessuna parte.

La speranza, anche Soros, la ripone nel cambio di guardia che potrebbe (si spera) esserci alle prossime elezioni presidenziali degli Usa, con Obama che "potrà darci qualcosa di simile al New Deal di Roosvelt. Un altro tipo di new deal" sottolinea Soros, perché la ricetta di riporre tutte le speranze della ripresa economica nei consumi, "non è più sostenibile".
Partendo dalla constatazione del tutto realistica, che gli Usa "non godono più della posizione dominante che avevano in passato" e che quindi la prossima presidenza degli Usa dovrebbe "indicare una strategia da adottare a livello internazionale" perché non è cosa che gli Usa possono fare da soli.

Mancano ormai pochi giorni per sapere chi guiderà questa fase nei prossimi anni e certamente la possibilità che la presidenza degli Usa passi al democratico Obama, è quella che più verosimilmente potrà portare a cambiamenti reali nella politica americana sia interna che nei confronti del resto del mondo. Sarebbe ingenuo pensare ad una rivoluzione in chiave sostenibile, ma i segnali che già arrivano sembrano indicare comunque che il vento sta cambiando.

Non solo infatti nelle promesse elettorali del candidato Obama si parla di investire nelle energie alternative 150 miliardi di dollari creando l’opportunità di cinque milioni di nuova occupazione, e di avere come obiettivo di ricavare il 10% dell’energia americana da fonti rinnovabili entro il 2012 e il 25% entro il 2025, ma già nel pacchetto anticrisi di 700 miliardi di dollari varato dal congresso all’inizio del mese è stato inserito un credito fiscale per gli investimenti nelle energie alternative, ampliando ed estendendo per i prossimi otto anni le agevolazioni ai produttori di energia solare e per un anno a quelli di energia eolica.

Forse anche perché nella Silicon valley, l’area dove è partita la prima rivoluzione tecnologica dell’era on line, è già avviata anche la rivoluzione verde e la crisi finanziaria rischiava di mandare a rotoli molti degli investimenti fatti. Ma la Silicon valley non è l’unica area dove si lavora sulle energie rinnovabili negli Usa, Un business che non si è orientato solo nei biocarburanti, tanto che l’energia solare immessa in rete nel 2007 ha registrato un aumento del 125 % rispetto all’anno precedente.

Un panorama assai diverso da quanto si respira a casa nostra, dove si considera un lusso investire nell’ambiente in periodo di crisi e un orpello troppo ingombrante per il futuro delle imprese puntare su progetti d’innovazione tecnologica per frenare il surriscaldamento del pianeta.

Infatti si taglia: e il ministero dell’Ambiente con una diminuzione del 18% dei fondi previsti in finanziaria diventa il secondo dicastero più sfrondato, e non è che partisse da una buona posizione.
Si taglia la ricerca su energia e fonti rinnovabili (-18,2% ma i tagli non riguardano il nucleare che continua fare la parte del leone), si taglia su ricerca e innovazione (-8,2%) e sullo sviluppo sostenibile tout court (-16,4%).


Quindi non si può certo sperare in un cambio di rotta da parte del Governo che ha in mente una politica economica stile anni cinquanta e che non ha nessuna intenzione di rivederla, come ha fatto ribadito il premier da Pechino. Non resta allora che sperare nelle politiche regionali che almeno da quanto emerge dal resoconto Ue sulla programmazione dei fondi europei previsti dal quadro strategico 2007-2013 , prevede di investire due terzi delle risorse in innovazione, tutela dell’ambiente, clima ed energia.

2008/10/27 "Energia dal sole, a BERGAMO corsa al fotovoltaico.Presa di coscienza di tante famiglie che hanno creduto nel futuro del fotovoltaico



Tratto da L'ECO DI BERGAMO.IT
Energia dal sole, la corsa al fotovoltaico
la corsa al fotovoltaico

La Bergamasca, partita in ritardo, è al 15%, terza in Lombardia. Su 448 installazioni, prevale il taglio piccolo. Aziende in recupero
Fotovoltaico, avanti tutta. La Bergamasca si scopre una delle province più «virtuose» nella ricerca di fonti di energia alternativa e in particolare nell'avanzata dei pannelli solari. Ma l'aspetto che maggiormente impressiona è che questa «rivoluzione» sia partita soprattutto dal basso, con il singolo capofamiglia che decide a un certo punto di puntare su questa innovazione per risparmiare sulla bolletta. Certamente sono tante anche le aziende che hanno già installato, o lo faranno a breve, impianti fotovoltaici per coprire almeno in parte i costi di produzione energetica, ma rispetto ad altre realtà, a spiccare il volo sono soprattutto i dati legati al piccolo consumo, quelli per intenderci che arrivano al massimo a 3 kilowatt.

Rimonta recente
Una rimonta recente, quella orobica, dato che fino al 2006 i dati provinciali parlavano di una situazione ancora sotto la media nazionale e lombarda. «Da un paio di anni invece - spiega Filippo Cancelliere, responsabile commerciale per la Lombardia di Enel.si, società del gruppo che si occupa di fotovoltaico - c'è stata una sensibile inversione di tendenza, al punto che oggi, sotto questo profilo, Bergamo può definirsi virtuosa». Le cifre, fornite da Grtn (Gestore della rete elettrica di trasmissione nazionale) parlano chiaro: se fino al gennaio 2007, gli impianti fotovoltaici in provincia erano 86, da quel momento fino ad oggi si è assistito a una forte impennata, con 362 nuovi impianti in meno di 21 mesi, che portano il totale a 448 impianti, oltre il 15% del numero complessivo in Lombardia, con una produzione di 3.398 kilowatt di energia.

Terza in Lombardia
Una escalation che pone Bergamo al terzo posto a livello regionale, dove Brescia, a sorpresa, è al comando, essendo partita prima, con 673 impianti (24% del totale regionale), precedendo anche Milano (556 impianti). E per Bergamo le novità non finiscono qui: «Dalle ultime informazioni in nostro possesso – ricorda Cancelliere – questa crescita esponenziale in Bergamasca è destinata a continuare, sia nel brevissimo che nel medio periodo: già da qui a fine anno, prevediamo infatti un ulteriore incremento di quasi il 50% delle istallazioni riferite a quest'anno».

Famiglie all'avanguardia
E se anche l'industria sta cercando di rimettersi al passo, sono gli impianti privati, quelli che servono la singola abitazione, ad aver compiuto il salto di qualità in questi mesi. «Se osserviamo i dati – spiega ancora Cancelliere – si scopre subito che questo cambio di marcia è arrivato dalla presa di coscienza di tante famiglie che hanno creduto nel futuro del fotovoltaico. In Bergamasca infatti il 54% degli impianti sono di taglio piccolo, familiare, in grado di produrre da 1 a 3 kilowatt. C'è poi un 40,4% di impianti di taglio medio, da 3 a 20 kilowatt, da ricondursi a caseggiati già più grandi rispetto alla singola abitazione o alle Pmi, mentre finora solo il 5,13%, sono superiori a 20 kilowatt e riconducibili alle grandi aziende, anche se sui grossi impianti l'iter autorizzativo è più complesso e più lungo per l'allacciamento alla rete».

Incentivi decisivi
Un apporto decisivo a questo boom, inutile negarlo, è dato dagli incentivi che vanno da un minimo di 36 centesimi a un massimo di 49 centesimi per kilowatt. Se a questo si aggiunge una crescente, seppur ancora lacunosa, cultura verso le nuove fonti di energia rinnovabile, si capisce come alla convenienza si unisce anche una scelta più biocompatibile. «Dobbiamo infatti aggiungere che il fotovoltaico fa risparmiare in un anno 3.126 tonnellate di emissioni di Co2 che si traducono in un risparmio di milioni di euro».

Ammortamento in 11 anni
La spesa di acquisto per un impianto di 3 kilowatt non è indifferente (circa 20 mila euro, spalmabile su 10-15 anni) e l'ammortamento è ancora di 11-12 anni, ma se si considera che gli incentivi durano 20 anni e che soprattutto che la vita media di un impianto è di 25 anni, si capisce che il guadagno energetico, in prospettiva, è reale, anche perchè i costi di manutenzione annui non superano mai, solitamente, lo 0,7% dell'investimento iniziale. Resta la variabile, purtroppo non modificabile, legata al meteo, nel senso che l'irradiamento solare, non tutti gli anni, soprattutto al Nord, è fedele alle aspettative.

Alleanza Italia-Giappone
Per quanto riguarda la produzione di celle fotovoltaiche «c'è, da parte italiana – fanno sapere da Enel – un gap da colmare con la Germania e il Giappone, che sono leader nella produzione dei pannelli solari e detengono gran parte del business». Proprio per provare a guadagnare posizioni, Enel si è alleata con la giapponese Sharp per la costruzione in Italia di una fabbrica che produrrà pannelli con una tecnologia innovativa. E a proposito di nuove frontiere, si è calcolato che grazie all'adozione di panelli di ultima generazione, il costo del kilowatt/ora prodotto da un impianto fotovoltaico sarà presto paritetico rispetto a quello di una fonte tradizionale (carbone e gas). Il pareggio dovrebbe avvenire nel 2014: da allora, vista la convenienza anche economica, non saranno più necessari neppure gli incentivi statali.

(26/10/2008)