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30 novembre 2009

2009/11/30CENTRALE ENEL A CARBONE DI CIVITAVECCHIA TVN"indagine della Procura della Repubblica /Carbone a TorreValdaligaSud: un silenzio ambiguo"


Tratto da Unonotizie
CIVITAVECCHIA / 30-11-2009
CENTRALE ENEL A CARBONE DI CIVITAVECCHIA TVN /avvisi di garanzia e sequestri: indagine della Procura della Repubblica di Civitavecchia

La Procura della Repubblica di Civitavecchia ha messo i sigilli ad una parte del cantiere della centrale a carbone Enel di Torrevaldaliga Nord ed ha emesso tre avvisi di garanzia. A far partire le indagini alcune foto ed un video, recapitato in forma anonima all’esponente del Forum ambientalista di Civitavecchia, Simona Ricotti, che mostra chiaramente la presenza di un’area interna al cantiere della centrale Enel, adibita a discarica di materiali di vario genere.

Le fotografie, invece, pubblicate recentemente da un giornale locale online, rivelano cumuli di polveri abbandonate all’aria aperta e sacchi marchiati da una “R” su sfondo giallo. «Lasciare rifiuti in luoghi non idonei costituisce una grave violazione delle leggi che tutelano l’impatto ambientale», denuncia Simona Ricotti. Aggiungendo poi che «è stato espressamente imposto all’azienda che ogni spostamento, lavorazione o stoccaggio di materiale debba avvenire in ambienti chiusi e senza alcuna dispersione atmosferica». Il video mostra inoltre le immagini di un camion che raccoglie ingenti quantità di materiale e polveri, trasportandole poi via dal cantiere. «È necessario verificare dove siano stati portati questi rifiuti», sottolinea Alessandro Manuedda, consigliere comunale di Civitavecchia. «Dobbiamo assicurarci - continua il consigliere - che non ci siano state infiltrazioni nei terreni in cui questi materiali sono stati accumulati».

A preoccupare maggiormente Alessandro Manuedda, consigliere comunale “No coke” , è il fatto che le istituzioni, ed in primo luogo il Comune di Civitavecchia stiano continuando a non prendere posizione formale nei confronti di Enel che da tempo opera nel territorio senza alcun rispetto delle regole. Ne è un esempio il fatto che l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia), sia scaduta dal dicembre 2008 e che la domanda di rinnovo, richiesta dalla società energetica italiana l’estate scorsa, in seguito alle denunce del movimento No coke, «presenti gravi incongruenze e superficialità che testimoniano come si utilizzi ogni mezzo per aggirare la legge».


«Il vero problema - evidenzia il consigliere Alessandro Manuedda - è rappresentato dall’ingente quantità di denaro che Enel versa annualmente nelle casse dell’amministrazione comunale di Civitavecchia e di tutti i comuni limitrofi investiti dal pesante inquinamento prodotto dalla centrale».

Addirittura, secondo un accordo del 14 aprile 2008, le cosiddette “compensazioni” ammontano a quasi 40 milioni di euro, cui si aggiungono 8,8 milioni per ogni anno di esercizio della centrale.

E così l'area del cantiere di Torre Valdaliga Nord, teatro dell'ormai tristemente famoso "Museo degli orrori", è stata posto sotto sequestro dalla Magistratura di Civitavecchia. Ora spetta ai carabinieri del Noe, Nucleo operativo ecologico, verificare approfonditamente la situazione...

E l'indagine della Procura della Repubblica di Civitavecchia sembra correre spedita dal momento che risulterebbero già sul registro degli indagati tre persone: si tratterebbe dei responsabili di cantiere di 2 società che gestiscono l'area posta sotto sequestro all'interno del cantiere Enel della centrale a carbone, e di un ingegnere funzionario dell'Enel.Leggi l'aricolo integrale
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Tratto da Centumcellae.it
lunedì 30 novembre 2009
"Carbone a TorreValdaligaSud: un silenzio ambiguo"

Si è chiusa ieri alle 12:00 si è chiusa la ricerca di mercato di Tirreno Power per realizzare una conversione del quarto gruppo della centrale di Torrevaldaliga sud a carbone con la co-combustione di Cdr e Biomasse.
La notizia era stata resa noti nei giorni scorsi dalla lista civica Ambiente e lavoro, che torna sulla questione per evidenziare come, alla luce dei fatti, nessuno abbia smentito il progetto di Tirreno Power.

"Abbiamo già censurato il comportamento del sindaco e di coloro che hanno responsabilità competenti di governo e lo ribadiamo nuovamente perché non sono giunti riscontri ufficiali che garantiscano la collettività ed il Territorio, che possono infondere quella sicurezza che tutto è sotto controllo, che ogni nuova iniziativa industriale viene concessa nell’ottica di un minor pressione ambientale. Poi dell’Osservatorio neanche a parlarne osserva altre cose...impegnata a stipulare contratti" afferma il consigliere comunale Vittorio Petrelli, che censura anche il comportamento di Tirreno Power "che non ha sentito il bisogno di intervenire nonostante fosse chiamata in causa". "Il loro atteggiamento è lontano dai principi dello Sviluppo Sostenibile – aggiunge - Una conferma che Tirreno Power è avulsa dal contesto del territorio, che si chiude all’interno della sua proprietà, che non si preoccupa di promuovere lo Sviluppo con le istituzioni. Qualche timido passo (sponsorizzazione di quale società sportiva e ristrutturazione del sottopasso) è stato fatto ma è sempre poco per la presenza ingombrante e la strada ad altre vie di sviluppo che preclude una realtà termoelettrica come quella. Tant’è che ha sempre evitato di legarsi a qualche convenzione con la complicità delle Amministrazioni in particolare quella di Moscherini nonostante fosse stata indicata tra gli obiettivi principali degli indirizzi generali di governo.
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Tratto da Ticinonline
TICINO Due italiani a processo per riciclaggio

I due imputati sono accusati d'aver riciclato 800mila dollari per l'ex sindaco di Brindisi

BELLINZONA - Due italiani, un 76enne ed un 47enne appariranno da domani davanti alla corte del Tribunale penale federale di Bellinzona per rispondere dell'accusa di riciclaggio di quasi 800mila dollari per conto dell'ex sindaco di Brindisi.

Stando a capo d'accusa firmato dal procuratore federale Sergio Mastroianni, dal mese di gennaio al mese di ottobre del 2003, l'anziano signore residente a Lugano collaborava con il suo complice, un broker di Brindisi, versando in diverse occasioni dei soldi su conti aperti un una banca della piazza finanziaria ticinese. Circa 800mila dollari "provenienti" da Zurigo e Singapore. Per portare a termine il proprio operato i due accusati hanno costituito una società a responsabilità limitata con sede a Lugano. Il denaro ripulito proveniva da una convenzione per la fornitura di carbone a basso contenuto di zolfo destinato ad alimentare la centrale termoelettrica di Brindisi.

L'accordo firmato dall'ex sindaco di Brindisi prevedeva il versamento di soldi ai due accusati che agivano in qualità di rappresentanti e associati di due società basate a Singapore e a Milano, questi erano inoltre incaricati di acquistare il carbone.

Il processo dovrebbe concludersi nel giro di due o tre giorni...

25 novembre 2009

2009711/26 Savona, Comune: ricorso contro l’ampliamento di Tirreno Power

NEWS DA SAVONA
Tratto da Ivg
Savona, Comune: ricorso contro l’ampliamento di Tirreno Power

Savona. Era stata chiesta da più parti e adesso è arrivata. La presa di posizione del Comune di Savona a proposito di Tirreno Power ora è nota. L’amministrazione comunale savonese ha infatti ufficialmente espresso la propria opposizione alla proposta di ampliamento della centrale termoelettrica. Lo ha fatto con determina approvata in Giunta lo scorso 20 ottobre, con cui si “da mandato al legale dell’Ente di procedere con un ricorso ad adiuvandum nei ricorsi presentati da Regione e Comuni interessati avverso il provvedimento statale che autorizza, sotto il profilo Via, l’ampliamento della centrale di Vado Ligure”.

“Il carbone è passato. Il futuro sono le energie da fonti rinnovabili.
L’interesse del nostro territorio è che una grande azienda come Tirreno Power investa qui per sviluppare tecnologie, comoscenze e occupazione legati alle energie pulite” ha spiegato Berruti. “In qualità di Comune capoluogo di Provincia – dichiara l’assessore all’Ambiente Jorg Costantino – vogliamo esprimere timore e forte perplessità in merito al progetto e unirci ai pareri negativi che sono stati espressi in maniera bipartisan da tutti i Comuni interessati”.

“Il nostro Consiglio ha approvato due ordini del giorno contro il progetto e la Giunta ha approvato una determina con cui ha inteso dare mandato al proprio legale di far ricorso contro il progetto. Siamo infatti convinti che l’ampliamento della centrale a carbone nuocerebbe alla salute dei nostri cittadini, ...Savona ha compiuto e sta compiendo grandi sforzi per avere un’aria meno inquinata, dopo essere uscita da decenni di industrializzazione. Per la tutela della salute pubblica, questi sforzi non devono essere vanificati” ha concluso Costantino.
Leggi l'articolo integrale
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ULTIME NOTIZIE DA CIVITAVECCHIA

Tratto da" Nocoke Tarquinia" 5 SINDACI INUTILI

La Procura di Civitavecchia ha messo i sigilli al cantiere-discarica di TVN dopo la denuncia del video-shock.
Il Movimento no coke ringrazia i lavoratori di TVN: Il loro coraggio di denunciare cosa accade dentro il cantiere della magnifica e splendida azienda elettrica,la stessa che regala soldi sporchi di carbone ai sindaci,"muticiechisordi alle illegalità".

Verrà il giorno in cui...
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Tratto da"la Repubblica"
CLIMA
Obama: "Tagli alle emissioni del 17% entro dieci anni"

La proposta del presidente Usa per il vertice di Copenhagen. "Arrivare ai tagli di inquinamento del 42% per il 2030. La Casa Bianca, dunque, rilancia con un programma per i prossimi 20 anni di ANTONIO CIANCIULLO

WASHINGHTON - Obama apre su Copenaghen e rilancia. Smentendo le voci circolate tra i suoi collaboratori, il presidente americano ha reso ufficiale la sua presenza alla conferenza sul clima che si aprirà il 7 dicembre nella capitale danese: arriverà il 9 dicembre prima di proseguire per Oslo dove ritirerà il Nobel per la pace.

La Casa Bianca non giungerà a Copenaghen a mani vuote. La proposta statunitense è un taglio delle emissioni serra, rispetto ai livelli del 2005, del 17 per cento entro il 2020, del 30 per cento entro il 2025 e del 42 per cento entro il 2030. In pratica un'anticipazione della possibile versione finale della legge statunitense che sta percorrendo l'iter parlamentare.
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Tratto da "Terra "
SE VINCE SOLO PANACEA. LA VITA NON SOCCOMBA AL DIO DENARO di Antonio Marfella (Oncologo, tossicologo)

Nell’area metropolitana di Napoli i dati epidemiologici ci confermano che stiamo vivendo un periodo storico con i picchi nazionali delle seguente tipologie di tumori maligni: fegato, pancreas, polmone. Come da documentazione scientifica Eurocare 2007 sono le patologie oncologiche maligne con il più basso indice di cura oggi. è gravissima e pericolosa utopia ritenere che Panacea possa risolvere tutti i mali dell’uomo: il volto sorridente e rassicurante del più grande oncologo d’Italia oggi vivente, Umberto Veronesi, che troneggia nelle edicole sul più diffuso settimanale di opinione del nostro Paese, per me è come un richiamo proprio al Mito di Esculapio.

Quando Zeus ritenne che Esculapio, il più grande medico, direttamente formato da Apollo, e sua figlia Panacea fossero andati troppo oltre, facendo resuscitare pure i morti, semplicemente li fulminò! è pericolosa quanto falsa utopia pensare che, senza più alcun rispetto di Igea (oggi rispetto del Creato cristiano voluto dal nostro Dio!), noi miseri mortali possiamo permetterci di ammalarci di tutti i mali, cancro compreso, e risolvere tutto con utili quanto efficaci e/o innocue pillole, soprattutto se costosissime, anche in termini di farmaco-prevenzione! Non esiste farmacologo, devoto sincero di Panacea, che non sappia bene quanta pubblicità ingannevole vi sia in questo messaggio! Perché, da oltre due anni a questa parte, sono diventato a Napoli uno dei più impegnati medici nella battaglia per una efficace prevenzione primaria? Per ciò che tutti sappiamo oggi ma che noi tecnici osserviamo da tempo ma senza il dovuto impegno, che pure sarebbe nostro preciso dovere nel rispetto del giuramento di Ippocrate che è anche per Igea, non solo per Panacea!

Quale farmacologo e igienista in formazione, sono leale e devoto seguace delle due dee ma soprattutto memore delle motivazioni di aiuto e solidarietà che a sedici anni mi hanno spinto, all’altare di San Giuseppe Moscati nella Chiesa del Gesù Nuovo, a decidere di iscrivermi alla facoltà di Medicina. E se all’inizio del secolo scorso Il medico santo Giuseppe Moscati ritenne più importante assicurarsi che ai suoi pazienti non mancassero non già le medicine ma il pane e il latte, è stata per me una recente scoperta ed è diventato imperativo morale, oggi, nel rispetto di questi giuramenti di tanti anni fa, combattere per garantire ai miei concittadini non tanto moderne e costose medicine quanto la qualità dell’aria, dell’acqua, del pane e del latte (mozzarella inclusa) per oppormi con maggiore efficacia alla più terribile malattia della nostra epoca: il cancro.

La medicina, nella sua complessa evoluzione scientifica, tecnica e culturale, ha da sempre rappresentato il primo e più potente mezzo d’intervento dell’uomo nei confronti delle sue condizioni vulnerabili ma suscettibili di miglioramento. Socrate affermava: «Non si deve tener conto del vivere ma del vivere bene»; Aristotele sosteneva: «Compito dello Stato non è solo quello di concedere la vita, ma piuttosto una buona qualità di vita», e l’Oms oggi sostiene: «I governi sono responsabili della salute della popolazione intesa non solo come assenza di malattia, ma come completo benessere fisico, psichico e sociale».

Il sopraggiungere dell’etica aziendale nell’organizzazione della sanità, con i vantaggi che ne possono derivare, non ci deve però far soccombere dinanzi al dio denaro, in quanto le conquiste sociali, e il principio di solidarietà, devono rimanere una parte essenziale del modo di essere dell’umanità.
Per questo vale molto di più il ben governare e regolarizzare il traffico veicolare e il proibire ferocemente il fumo di sigaretta individuale e costruire inceneritori piccoli e in luoghi isolati(o meglio sarebbe non costruirne proprio e fare una seria raccolta differenziata ) che ingrandire i reparti e ridurre le liste di attesa per il tumore al polmone.
Purtroppo da troppo tempo ciò non si vede a Napoli e in Campania e di ciò viene considerato colpevole (e non vittima!) il popolo anziché i suoi governatori.

Leggi l'Articolo integrale

24 novembre 2009

2009/09/24 Tirreno Power: i Comuni del golfo dicono “no”

Stralciamo alcuni interventi tratti da IVG

Tirreno Power: i Comuni del golfo dicono “no”

Spotorno - consiglio comunale congiunto Noli, Spotorno, Bergeggi, Vezzi Portio

Spotorno. I Comuni del golfo dell’isola – Spotorno, Bergeggi, Noli e Vezzi Portio – si sono riuniti in un insolito consiglio comunale congiunto per affermare la loro contrarietà al progetto di ampliamento della centrale Tirreno Power di Vado Ligure.

Di danni alla salute e al turismo parla il sindaco di Bergeggi, Riccardo Borgo. “Una rappresentazione così concreta, come quella di questo consiglio congiunto – ribadisce – è un segnale forte anche per i cittadini la cui volontà trova la naturale espressione nei consigli comnunali
Oltre ai danni per la salute, bisogna tenere conto dei danni al turismo. Il saldo occupazionale al termine sarebbe negativo, perchè alle poche unità lavorative in più nella centrale, farebbero da contraltare i posti di lavoro persi nel turismo. Possiamo portare occupazione senza mettere a rischio la salute”.
Sul tema-salute insiste anche il dottor Niccoli, capogruppo di minoranza del comune di Noli, che ha parlato in qualità di “addetto ai lavori”:
“Sono 35 anni che faccio il medico e negli ultimi tempi ho visto aumentare le patologie respiratorie, non solo tumori, ma anche asma e bronchite. E’ singolare pensare che sino a pochi anni fa dal nord si veniva al mare per curarsi da questi problemi polmonari mentre ora, per assurdo, potrebbe essere il contrario, con i savonesi costretti ad andare in Piemonte e Lombardia per curarsi”.
Anche le minoranze hanno preso la parola per bocca di Matteo Ravera, consigliere comunale di Spotorno:
“Siamo soddisfatti di questo incontro, che avevamo già sollecitato, e per le iniziative scaturite dai cittadini. Si percepisce un interesse collettivo che supera campanili e colori politici. In soli 4 giorni oltre 400 cittadini hanno firmato un appello contro l’ampliamento. ... Le centraline devono far parte del documento e dovrebbero essere a gestione pubblica. Il senso è che dovremmo alzare il tono della discussione, per fare pesare di più la nostra voce”.

Leggi l'articolo integrale su IVG



Guarda Il video tratto da Ivg
I comuni del golfo dicono NO a Tirreno Power

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Tratto da "La voce dell'Emergenza "
Civitavecchia. Rifiuti e polveri movimentate all’aria aperta dentro Tvn
La Procura della Repubblica sta indagando

Dopo le foto il video. E le immagini che, dopo quelle della scorsa settimana, arrivano oggi dal cantiere di Torre Valdaliga Nord sono ancora più inquietanti. A diffonderle sono stati questo pomeriggio il Consigliere comunale Alessandro Manuedda e l’esponente del Forum Ambientalista Simona Ricotti, la cui denuncia è di quelle che fanno rabbrividire e che impongono, stavolta, una presa di posizione chiara e inappellabile da parte dell’Enel e del Comune; soprattutto nel momento in cui la Procura della Repubblica ha aperto una indagine sul video in questione e su quanto da esso è possibile vedere: mucchi di rifiuti, di qualunque tipo, in un’area non precisata ma comunque interna al cantiere della centrale e movimentazione di merci, polveri e sostanze in gran quantità e in totale assenza di sicurezza ambientale. Il video non è databile, ma le semplici immagini bastano ad accertare una palese violazione di legge da parte dell’Enel: la movimentazione di rifiuti, polveri e sostanze in ambiente aperto all’interno del cantiere, quando sia la Valutazione di Impatto Ambientale che la conferenza dei servizi per l’aggiornamento dell’Autorizzazione Integrata Ambientale impongono espressamente all’azienda elettrica che ogni operazione di materiale avvenga in ambienti chiusi e senza alcuna dispersione atmosferica. A questo dato di fatto si affianca poi un interrogativo, allarmante e che necessita chiarimenti, laddove nelle immagini si vedono chiaramente dei camion raccogliere ingenti quantità di materiale e polveri e trasportale via dal cantiere.

“Dove sono state portate? – si chiede Alessandro Manuedda – Il loro smaltimento è avvenuto a norma di legge o è possibile ipotizzare sostanze e materiale sotterrato in qualche sito del territorio? E chi assicura che non ci sia stata infiltrazione di sostanze nei terreni in cui tutti questi rifiuti sono stati accumulati? Resta il fatto, comunque, che le modalità di movimentazione di rifiuti e polveri come quelle che si vedono nel video non sono assolutamente autorizzate né sono quelle le aree su cui tali operazioni possono avvenire. Le violazioni e le responsabilità dell’Enel sono dunque evidenti, così come è ormai chiaro che l’azienda elettrica pensa di poter fare quello che vuole in questa città“.

“L’Enel continua a trattare questo territorio senza alcuna dignità – gli fa eco Simona Ricotta – pensando di poter operare impunemente senza alcun rispetto delle regole. Va detto che questo può avvenire anche e soprattutto perché tutte le istituzioni e gli enti competenti sono completamente silenziosi e assenti nei compiti di controllo che dovrebbero esercitare. L’apertura di una indagine da parte della Procura della Repubblica, infatti, è stata possibile soltanto grazie alla denuncia di qualcuno che ha voluto finalmente rompere un muro di omertà“. Il video infatti, come già le foto pubblicate dalla nostra Redazione, è giunto a Simona Ricotti in forma anonima per essere poi consegnato dalla stessa alla Procura.
“Ritengo che queste immagini, come le foto pubblicate da Centumcellae News, possano essere state realizzate soltanto da qualcuno che opera ed ha libero accesso dentro la centrale – ha proseguito la Ricotti - dunque da qualche lavoratore che comincia finalmente a preoccuparsi delle condizioni di sicurezza ambientale in cui è costretto ad operare, tanto da denunciare quello che avviene all’interno del cantiere di Tvn. Il fatto poi che lo faccia in forma anonima dimostra come in centrale regni un clima di intimidazione ormai inaccettabile. L’invito che facciamo a chi può avere altre notizie su questi gravissimi fatti, dunque, è quello di uscire allo scoperto e di collaborare alle indagini“.
Chissà che nel frattempo anche Comune ed Enel si sveglino... (Roma Notizie)
LE IMMAGINI DELL’ORRORE (centumcellae.it)
Impianto ENEL di Civitavecchia: allarme emissioni
Inceneritore a Civitavecchia, si allarga il fronte dei contrari

23 novembre 2009

2009/09/24 Cina. Nuova strage in miniera: 108 morti. La schiavitù dei minatori del carbone/No al carbone nel parco del Delta

Tratto da Dazebao L'informazione on line

Cina. Nuova strage in miniera: 108 morti. La schiavitù dei minatori del carbone

Lunedì 23 Novembre 2009
di Ferdinando Pelliccia

Sono 108 i morti e almeno 60 i feriti, di cui 6 gravi, tutti ricoverati per problemi respiratori o per fratture. Un bilancio questo conseguenza dell'esplosione avvenuta sabato scorso nella miniera di carbone Xinxing a Hegang nella provincia nordorientale di Heilongjiang.

Si tratta del più grave incidente in una miniera cinese verificatosi negli ultimi due anni. Il triste primato andava finora all'incidente verificatosi il 6 dicembre 2007 a Linfen nella provincia dello Shanxi in cui morirono oltre 100 minatori.

Al momento dell'incidente erano 528 i minatori che stavano lavorando nelle viscere della terra. Per un centinaio di loro non c'è stato scampo, mentre gli altri 420 sono stati tutti tratti in salvo dalle squadre di soccorso accorse sul posto.

La causa è da attribuirsi ad una fuoriuscita del micidiale gas grisou che ha provocato un'esplosione la cui potenza è stata avvertita fino a 10 chilometri di distanza. Il recupero dei minatori è stato ostacolato oltre che dalle impalcature crollate nei tunnel e dalle continue esalazioni di gas, dal fatto che i lavoratori erano dispiegati in 20 diversi punti della rete di tunnel che corre nella miniera fino a 500 metri di profondità.

La miniera Xinxing è una delle più antiche e importanti della Cina, il suo giacimento di carbone è stimato a 3 miliardi di tonnellate ed ha una produzione annua di 12 milioni di tonnellate di carbone. La miniera è di proprietà del gruppo 'Heilongjiang Longmay Mining', con sede a Harbin, capoluogo della provincia. Un'inchiesta è stata aperta mentre il numero uno, il numero due e l'ingegnere capo della miniera sono stati sollevati dalle loro funzioni.

Il fabbisogno di carbone e le condizioni di lavoro dei minatori cinesi

In Cina il carbone fornisce circa il 70 percento dell'energia. Un forte fabbisogno energetico del Paese a cui corrispondono livelli di sicurezza per i lavoratori del settore minerario molto al di sotto degli standard internazionali.
Un fatto questo che è all'origine di molti dei disastri verificatisi negli ultimi dieci anni. In tal senso, le miniere cinesi di carbone sono considerate le più pericolose al mondo.
I morti per l'incidente di sabato si vanno ad aggiunge ad una lunga lista che dal 2000 ad oggi annovera migliaia di vittime. Secondo stime ufficiali sono oltre 3.200 i minatori morti soltanto lo scorso anno. Purtroppo i dati ufficiali sono viziati dal fatto che numerosi incidenti vengono nascosti dalle società che gestiscono le miniere.
La legge cinese prevede che ogni incidente con più di 10 vittime vada denunciato alle autorità centrali e provinciali e la miniera, di conseguenza, deve essere chiusa.
La Cina non è tra i Paesi firmatari della ‘Convenzione internazionale sulla sicurezza nelle miniere’ stilata dall’International Labour Organization nel 1995. Pertanto, garantire la sicurezza dei minatori è prerogativa del governo centrale e degli amministratori locali. Le conseguenze sono facilmente riscontrabili.
Un minatore cinese lavora un minimo di 14 ore al giorno, con un solo giorno di riposo al mese per uno stipendio di 150 euro al mese. Moltissimi minatori soffrono di gravi danni alla salute. Oltre la metà degli affetti nel mondo da pneumoconiosi, una malattia dei polmoni causata dall’inalazione di polveri, vive in Cina dove si registrano oltre 15mila casi ogni anno a fronte di oltre 200mila malati che non sono in grado di curarsi per l’estrema povertà.

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Riportiamo da Carta.org
lunedì 23 novembre 2009
No al carbone nel parco del Delta

Il ministero dell'ambiente ha detto sì, ora manca la firma del ministro Scajola. Ma a combattere il carbone dell'Enel, nel Delta del Po, con gli ambientalisti ci sono anche le categorie economiche, che insieme ricorrono al Tar. Silenzio invece dall'Emilia Romagna, patria del segretario del Pd Bersani, noto sostenitore del combustibile fossile.

E’ l’ora dei ricorsi al Tar contro la riconversione a carbone della centrale Enel di Porto Tolle,nel cuore del parco naturale del Delta del Po, che ha ricevuto il via libera del ministero dell’ambiente e attende il decreto del ministro dello sviluppo economico Claudio Scajola.
A tentare l’ultima resistenza è un manipolo di associazioni, comitati cittadini, pescatori e operatori turistici. L’idea di un camino fumante in mezzo al Delta non piace agli ambientalisti, ma preoccupa anche Rosolina, il più importante centro balneare della provincia di Rovigo. Così tra i promotori del ricorso al Tar del Lazio, depositato la settimana scorsa dall’avvocato Matteo Ceruti, ci sono l’Assagaime, associazione di agenzie immobiliari e turistiche con un migliaio di appartamenti a Rosolina, il Consorzio operatori balneari, in rappresentanza di una decina di stabilimenti, i villaggi Club Srl e Rosapineta Sud e anche i Consorzi pescatori Delta Nord e Po di Maistra, oltre ai «soliti» Greenpeace, Italia Nostra, Wwf e Comitato cittadini liberi di Porto Tolle.
Insomma, ci sono anche le categorie produttive, che evidentemente sognano per il Delta uno sviluppo economico basato sulle peculiarità del territorio e non sulle dubbie ricadute economiche della centrale.
Ventisette i punti toccati dal ricorso, a partire dall’emendamento inserito dal Governo nel «decreto incentivi», una vera e propria norma ad hoc sul carbone, pensata per aggirare la legge del Parco del Delta del Po. Peccato però che lo stesso presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in una lettera inizialmente riservata, abbia espresso dubbi sulla legittimità costituzionale e sulla pertinenza dell’emendamento, ma anche sulla sua sostenibilità economica: se a regime la centrale emetterà oltre 10 milioni di tonnellate l’anno di anidride carbonica, per rispettare i limiti del trattato di Kyoto l’Italia dovrà comprare quote da altri paesi «virtuosi» oppure pagare multe salate. Tra i punti deboli dell’iter che ha autorizzato la riconversione, l’avvocato Ceruti rileva l’esclusione della Regione Emilia Romagna e quella ancora più clamorosa dell’Ente parco del Delta del Po. Un capitolo a parte va poi dedicato ai pareri ignorati, da quello dell’Arpa Veneto che imponeva limiti alle emissioni più rigorosi di quelli autorizzati, a quello della soprintendenza di Verona, secondo cui l’impianto non è armonizzabile in alcun modo con il paesaggio del Delta. E, ancora, la mancanza di un confronto con la soluzione a metano, la scarsa considerazione dell’impatto sull’ambiente di una zona umida unica al mondo e l’assenza di valutazioni sull’apporto di polveri e metalli pesanti nel bacino padano.
Dopo il Tar, resta ancora possibile fare ricorso al capo dello Stato entro metà dicembre, soluzione già annunciata dal Comune di Rosolina......

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Tratto da Terranauta

La gestione privata dell’acqua pubblica è legge

Con 302 voti favorevoli e 263 voti contrari passa anche alla Camera il decreto Ronchi che segna l'apertura al privato della gestione dell'acqua pubblica.
Il decreto legge che privatizza l'acqua, dopo aver incassato la fiducia al Senato, passa anche alla Camera con 302 sì e 263 no, in aula a votare, e a dimostrare quanto il governo tenga a questo decreto, anche Silvio Berlusconi.

Nato per rispondere a quelli che vengono definiti obblighi comunitari, nel decreto è stato infilato di tutto e di più tra cui anche l'articolo 15 che tratta la privatizzazione dell'acqua e che per questa segna una data precisa: il 31 Dicembre 2011. Il countdown è quindi cominciato, entro quella data tutte le società di gestione del servizio idrico "in House" le cosiddette "municipalizzate" dovranno trasformarsi in società a capitale misto pubblico-privato (in cui il privato abbia almeno il 40% delle azioni) oppure totalmente private.

L'approvazione del provvedimento ha suscitato le proteste dell'opposizione (l'Idv ha alzato cartelli di protesta) e del Forum dei Movimenti per l'Acqua, i cui rappresentanti si sono incatenati alle transenne antistanti Montecitorio recitando lo slogan: "Se voti la privatizzazione dell'acqua non lo fai in mio nome".

Così mentre le proteste contro una scelta più che discutibile - visto il valore intrinseco del bene acqua - si fanno sempre più consistenti al punto che già si parla di referendum abrogativo, l'onorevole Ronchi, da cui prende il nome il decreto stesso, nega tutto: "L'acqua è un bene pubblico e il decreto non ne prevede la privatizzazione. Nel provvedimento” - ha aggiunto Ronchi – “viene rafforzata la concezione che l'acqua è un bene pubblico, indispensabile. Si vogliono combattere i monopoli, le distorsioni, le inefficienze con l'obiettivo di garantire ai cittadini una qualità migliore e prezzi minori".
E' la solita storia, dai un servizio pubblico che funziona male in mano al privato e il privato lo farà funzionare bene, ma non solo, visto che di privati ce ne saranno tanti anche i prezzi scenderanno in nome della concorrenza. Peccato che la realtà abbia già dimostrato più volte come questa bella storia sia in realtà una favola valida solo per le lezioni di economia del primo anno di università, o forse neanche più per quelle .

La realtà, sia delle esperienze italiane di AcquaLatina che di quelle internazionali e più estreme di Cochabamba, ma non solo, insegnano che la privatizzazione del servizio idrico porta ad aumenti di prezzo stimabili tra il 30 e 40% senza apprezzabili e corrispondenti miglioramenti del servizio. Ma non basta, anche la moderna Parigi dopo oltre vent'anni è tornata all'acqua pubblica a dimostrazione che pubblico ed efficienza non sono per forza un ossimoro.

Si spiegano così le accuse di chi dice che con questo provvedimento il governo stia facendo un regalo ai privati, cosa che tra l'altro pare già rivelarsi realtà visto che solo ieri Acque Potabili e Mediterranea Acque (due leader del settore privato dell'acqua pubblica....ecco l'ossimoro!) hanno registrato un vero e proprio aumento record del valore delle proprie azioni .
Lo stato quindi si arrende e alza bandiera bianca. Su 100 litri d'acqua 40 vengono sprecati nel sistema idrico italiano.
Le ragioni sono molte e non tutte di semplice soluzione, di certo c'è che qualche risultato soprattutto in Puglia dove gli sprechi sono diminuiti del 38% si stava ottenendo.
Ora però, con decreto Ronchi, si riparte da zero e si demanda la soluzione di uno dei problemi storici del paese ad un privato che dovrebbe spendere (per migliore il servizio)per guadagnare e che probabilmente, invece, farà spendere di più noi, per guadagnare lui. Ma questo come si diceva è il libero mercato.

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Tratto da Peacelink
Acqua privatizzata
“MALEDETTI VOI….!”
19 novembre 2009 - Alex Zanotelli

Noi continueremo a gridare che l'acqua è vita, l'acqua è sacra, l'acqua è diritto fondamentale umano.
E' la più clamorosa sconfitta della politica. E' la stravittoria dei potentati economico-finanziari, delle lobby internazionali. E' la vittoria della politica delle privatizzazioni, degli affari, del business.
A farne le spese è ‘sorella acqua', oggi il bene più prezioso dell'umanità, che andrà sempre più scarseggiando, sia per i cambiamenti climatici, sia per l'aumento demografico. Quella della privatizzazione dell'acqua è una scelta che sarà pagata a caro prezzo dalle classi deboli di questo paese( bollette del 30-40% in più, come minimo),ma soprattutto dagli impoveriti del mondo......
Noi siamo per la vita, per l'acqua che è vita, fonte di vita. E siamo sicuri che la loro è solo una vittoria di Pirro. Per questo chiediamo a tutti di trasformare questa ‘sconfitta' in un rinnovato impegno per l'acqua, per la vita , per la democrazia. Siamo sicuri che questo voto parlamentare sarà un "boomerang" per chi l'ha votato.
Il nostro è un appello prima di tutto ai cittadini, a ogni uomo e donna di buona volontà. Dobbiamo ripartire dal basso, dalla gente comune, dai Comuni.
Leggi la continuazione sul sito

22 novembre 2009

2009/11/22 Inquinamento abientale e patologia respiratoria/PER NON INCENERIRE ANCHE IL NOSTRO FUTURO CAMBIAMO ARIA

Tratto da LIONS PALERMO DEI VESPRI

Inquinamento abientale e patologia respiratoria
Pubblicato 22 Novembre 2009

(Prof. Vincenzo Bellia*)
Una delle conquiste culturali più importanti e più largamente condivise del nostro tempo sembra essere la sensibilità nei confronti dei temi dell’ambiente e l’attenzione ai rischi dell’inquinamento.
Tuttavia in genere non si va oltre una generica preoccupazione proiettata verso un ipotetica e futuribile catastrofe ambientale (la CO2, il riscaldamento planetario, il clima etc.) e si ignora l’attualità del disastro che ci circonda nella vita di tutti i giorni.
Di fronte alla condizione delle nostre città ed in particolare a quella di Palermo non è consentito farsi illusioni: l’indignazione a lungo andare stanca e lascia il posto al mugugno e questo, a sua volta, in breve alla rassegnazione.

Viviamo così in una pericolosissima “anestesia” che sottintende una ignoranza di fatto dei reali pericoli che corriamo. Basta fare alcune considerazioni spicciole. Vivere in qualunque ambiente significa prima di tutto respirarne l’aria: dalla nascita alla morte non possiamo non respirare senza interruzione ad una frequenza di circa 20 atti al minuto; con ciascun atto respiratorio muoviamo circa mezzo litro d’aria. Il conto è presto fatto: ogni giorno inaliamo 14400 litri d’aria, che in un anno fà 5.256.000 litri di una miscela contenente anche ossigeno, ma soprattutto gas di scarico di diesel di autobus e camion mai controllati, polveri liberate dagli impianti di riscaldamento mai sottoposti a revisione, fumi di cassonetti bruciati da concittadini esasperati quanto incivili etc

Dove va a finire tutto questo carico di tossici e di irritanti ?
Non è necessario essere pneumologi per rispondere: nei polmoni, è ovvio
. Ma quanti riflettono sul fatto che i polmoni non sono un sacchetto di plastica, inerte che può, sia pure malvolentieri farsi ospite di rifiuti che si accumulano: I polmoni costituiscono invece una delicatissima e molto sofisticata superficie di scambio dove assumiamo l’ossigeno che ci è vitale e ci liberiamo della CO2 di troppo ? E quanti sanno che l’estensione della superficie polmonare che in ogni istante è indispensabile mantenere integra è pari a quella di un campo da tennis ?
La partita che vi si gioca ogni momento su questo campo è la più drammatica che si possa immaginare, quella tra salute e malattia, tra la vita e la morte: Non si tratta di esagerazione né di allarmismo se è vero, come è vero, che le malattie connesse con l’inquinamento hanno i connotati, per fare solo qualche esempio, dell’enfisema polmonare e del cancro del polmone.

Acquisire la consapevolezza non generica né approssimativa della natura dei pericoli che i nostri polmoni e quelli dei nostri bambini corrono costituisce la premessa per una rinnovata mobilitazione della società civile verso il tema del contrasto all’inquinamento (ed agli inquinatori).
La lista dei nemici da combattere è lunga. Essa comprende tra le altre alcune sostanze molto diffuse come il biossido di zolfo (SO2), di derivazione prevalentemente industriale dalla combustione di combustibili solidi o liquidi (carbone, petrolio etc), il biossido di azoto (NO2) derivato da processi di combustione ad elevata temperatura e presente nei gas di scarico dei veicoli a motore.
E non è tutto! In una città come Palermo, soleggiata quanto poche altre, a partire dal biossido di azoto prima citato si produce tutta una serie di sostanze inquinanti note come smog fotochimico. A tutti questi si affianca un nemico insidioso quanto sottovalutato, il materiale particolato (PM), costituito da particelle sia solide sia liquide, caratterizzate da una composizione chimica che dipende dalla sorgente locale di produzione (auto, inceneritori, riscaldamento a carbone etc). In questo materiale si distinguono frazioni diverse in funzione del diametro delle particelle: il PM10 comprende particelle di diametro inferiore a 10 mm; il particolato fine comprende le frazioni di diametro inferiore a 2.5 mm La pericolosità del PM per la salute è dovuta al fatto che queste polveri sottili possono essere inalate e raggiungere il polmone profondo, danneggiandolo ed interferendo con la funzione respiratoria.
L’effetto di tutte queste sostanze è nel migliore dei casi l’irritabilità delle vie aeree: tosse ed attacchi d’asma sono un’esperienza quotidiana di migliaia di bambini ed adulti, particolarmente in certe zone della città e quando le centraline di monitoraggio “sforano. Persistendo l’insulto, i polmoni vanno incontro ad infiammazione cronica e ad alterazioni di lungo periodo, non più reversibili come bronchite cronica, enfisema e tumori maligni.
Il rischio è moltiplicato se il soggetto, adulto o bambino, è anche esposto agli effetti del fumo attivo o passivo.

Si badi: l’allarme non riguarda soltanto i giorni in cui i giornali segnalano il superamento di determinati livelli: non esiste infatti un valore soglia di sicurezza per la salute. Gli inquinanti sono tossici e lesivi secondo un rapporto dose-effetto: i danni sono cioè proporzionati alla concentrazione degli inquinanti e si producono ben prima che si raggiungano i livelli definiti per legge come intrinsecamente allarmanti
Occorre dunque recuperare la capacità di indignarsi per il pessimo stato dell’atmosfera delle cìttà in cui viviamo, perché se è incalcolabile il danno arrecato alla salute dal mancato controllo delle emissioni nocive, altrettanto incalcolabile è il beneficio che potremmo trarre dall’abbattere i livelli di inquinamento dell’aria.
Naturalmente si tratta di un investimento di lungo periodo perché, come oggi la clinica registra gli effetti dell’esposizione realizzatasi nei decenni scorsi, così solo negli anni futuri potremo apprezzare gli effetti del disinquinamento cominciato oggi.
Carpent tua poma nepotes.(“I nipoti raccoglieranno i tuoi frutti”)


* Prof. Vincenzo Bellia – Direttore dell’Unità operativa di malattie dell’apparato respiratorio dell’Azienda Ospedaliera Vincenzo Cervello di Palermo
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Tratto dal "Blog del comitato per Taranto "
Contro gli inceneritori: firma anche tu!
PER NON INCENERIRE ANCHE IL NOSTRO FUTURO CAMBIAMO ARIA
PETIZIONE NAZIONALE PER LA RIDUZIONE E IL RICICLO TOTALE DEI RIFIUTI E LA MESSA AL BANDO DEGLI INCENERITORI
Ecco in breve i punti della petizione promossa da Cambiamo aria contro gli inceneritori di rifiuti.
Banner Cambiamo Aria - petizione nazionale per la riduzione e il riciclo totale dei rifiuti e la messa al bando degli inceneritori
Clicca qui per leggere il testo integrale e per firmarla

Direttive Europee: primo ridurre e riciclare i rifiuti. Incenerimento non è riuso né riciclo
Inceneritori di RSU non sono centrali termoelettriche
La separazione meccanica non funziona
Se si brucia carta, plastica e legno, si vanificano le raccolte separate. C'è bisogno di riciclare la carta invece di importarla
Inceneritori e riciclo sono due scelte alternative: la Germania lo dimostra
Dai camini degli inceneritori esce la peste del 2000
Le ceneri sono un quarto dei rifiuti inceneriti, vanno in discariche più pericolose e più costose
La “convenienza economica” dell'incenerimento è una truffa pagata con le nostre tasse
Verso “Rifiuti Zero” con la raccolta differenziata “porta a porta”
Verso “Rifiuti Zero”: paghi meno chi fa meno rifiuti

21 novembre 2009

2009/11/21 21 novembre 2009: Inaugurato il parco eolico di Montenotte

21 novembre 2009: Inaugurato il parco eolico di Montenotte

C’era molta gente e molta nebbia; in una splendida e rarefatta atmosfera autunnale si intravedevano le pale dei generatori che ruotavano vorticosamente anche se a terra non si percepiva un alito di vento.
Il pensiero che queste macchine lavorano giorno e notte e, senza bruciare un grammo di combustibile fossile, regalano energia pulita, dava una sensazione straordinaria
Ci siamo stupiti della silenziosità dei generatori che ci sono apparsi bellissimi: grandiosi monumenti all’ingegno umano.

Abbiamo verificato che la tecnologia per le energie alternative c’è e crediamo porti anche vero sviluppo e veri posti di lavoro.
In definitiva: tecnologia a favore e non contro l’umanità.
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Tratto da Ivg
ENERGIA EOLICA, LA REGIONE LIGURIA A CACCIA DI PARTNER STRANIERI
Liguria. La Regione Liguria punta con forza allo sviluppo delle energie da fonti rinnovabili e l’attuale giunta regionale è già al lavoro per implementare il numero di impianti e strutture esistenti sul territorio ligure. E’ quanto emerso dall’inaugurazione del nuovo parco eolico di Cairo Montenotte. “Possiamo arrivare a produrre 150 MW da energie alternative, tanto quanto produce una unità a carbone della centrale termoelettrica Tirreno Power”, ha dichiarato l’assessore regionale all’ambiente Franco Zunino. il governatore ligure Claudio Burlando ha aggiunto che “fino al 2008 esistevano in Liguria solo 11 generatori di energia eolica, da allora fino ad oggi ne abbiamo inaugurati altri 12. Stiamo portando avanti il nostro piano energetico convinti che la Liguria possa giocare d’anticipo rispetto ad altre realtà”.
Cairo, inaugurato il parco eolico più grande della Liguria

Cairo M. Dopo il rinvio, dovuto a problemi burocratici, è finalmente stato inaugurato il parco eolico “Valbormida” a Cairo Montenotte, il più grande della Liguria. E’ stata una bambina delle scuole elementari di nove anni a tagliare il nastro di questa nuova e importante struttura, alla presenza del presidente della Regione Liguria Claudio Burlando, dell’assessore regionale all’ambiente Franco Zunino, dell’assessore provinciale allo sviluppo economico Giorgio Garra, del sindaco di Cairo Fulvio Briano, oltre a : Ermanno Goso, assessore all’ambiente del comune di Cairo Montenotte e Armando Chinazzo, presidente del Circolo Legambiente di Cairo Montenotte.
Presenti all’evento anche il presidente della Comunità Montana del Giovo Anselmo Biale e rappresentanti dell’associazione “Uniti per la Salute”, che hanno esibito striscioni di protesta contro l’utilizzo del carbone (con diretto riferimento alla centrale Tirreno Power di Vado Ligure). In prima fila anche l’amministratore delegato della società Fera (Fabbrica Energie Rinnovabili Alternative srl) e i tecnici che hanno realizzato il progetto ed il nuovo impianto energetico.
La cerimonia di inaugurazione si è svolta in una atmosfera definita quasi “lunare” per la fitta nebbia del pomeriggio valbormidese, tanto che l’Ing. Cesare Fera si è lasciato scappare una battuta: “Criticano le pale eoliche perchè dicono che sono invasive sul paesaggio, invece noi siamo riusciti a renderle quasi invisibili…”.
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Tratto da "Senza Colonne"
Carbone, in 51 fuori dal processo
SABATO 21 NOVEMBRE 2009 12:00

Brindisi - Fuori gli autotrasportatori e i titolari delle piccole ditte di trasporto del carbone. La prescrizione libera dall’affanno del processo “Coke” cinquantatre persone. Ne restano quattro e sono tutti ex dirigenti dell’Enel che rispondono di reati ambientali, per non aver provveduto ad adottare misure idonee a coprire il carbonile. Quanto allo scarico del carbone e al trasporto dello stesso altrove, i conti non sono saldati ma in parte possono dirsi chiusi per decorrenza dei termini. Nel processo si è costituito parte civile il Comune di Brindisi che ha chiesto un risarcimento danni di cinque milioni di euro, Mariano Antelmi titolare della concessionaria Volkswagen e Riccardo Attore della ditta “Attore autotrasporti”, coloro che si sono rivolti per primi alla procura e hanno presentato richiesta di risarcimento pari a un milione di euro.

Restano alla sbarra Luciano Mirko Pistillo, responsabile all’epoca dei fatti dell’area business Termoelettrica Enel di Brindisi, utilizzatrice del carbonile della centrale Brindisi Nord, Francesco Felice Angeli, Lorenzo Laricchia ex dirigente della sede di Brindisi dell’Enel Logistica Combustibili, Fulvio Ivo Guidi allora dirigente della centrale termoelettrica di Edipower e titolare del diritto di uso del carbonile Enel.

2009/11/21Brindisi:Gazebo del comitato “No al Carbone” / Cairo: oggi l'inaugurazione del parco eolico Fera

Tratto da Brindisi Sera

Gazebo del comitato “No al Carbone” in Piazza Vittoria

In un periodo in cui si stanno prendendo decisioni cruciali per il presente e per il futuro della città di Brindisi e di tutto il suo territorio, il Comitato “No al Carbone" è ben consapevole dell' importanza dell'informazione, del confronto e della sensibilizzazione riguardo al tema attualissimo dell'impatto delle centrali a carbone sul nostro territorio e sulla salute dei cittadini.

Per questo motivo informiamo tutta la cittadinanza e non solo, che è stato allestito un gazebo/presidio permanente di informazione e sensibilizzazione in Piazza Vittoria, aperto ogni giorno dalle 18 alle 21 che ha come obiettivi quelli di:

- Discutere, informare, mostrare dati,video, condividere testimonianze ed esperienze

- Raccogliere firme per inoltrare richiesta alla Procura della Repubblica di Brindisi
Per l'apertura un indagine volta a verificare il legame fra l'attività delle centrali a carbone e i danni ambientali e sanitari avuti dal nostro territorio.
Il Comitato invita tutti ad una partecipazione attiva, consapevole e massiccia ,per dimostrare a chi sta decidendo in questi mesi il nostro futuro che a Brindisi è arrivato davvero il MOMENTO DI CAMBIARE NON SOLO A PAROLE,di rispettare chi in questo territorio ci vive, di credere perseguire ed attuare nei fatti un modello di sviluppo diverso!
Tutti insieme consapevoli e informati difendiamo il nostro futuro e prepariamoci per la grande manifestazione che si terrà a Brindisi nel mese di Dicembre in prossimità delle festività natalizie!



Cairo: oggi l'inaugurazione del parco eolico Fera

Il più grande parco eolico della Liguria è pronto ad aprire i battenti a Cairo Montenotte, in Valbormida a cura di Fera. Gli impianti saranno inaugurati oggi dal presidente della Regione Liguria Claudio Burlando. La produzione annua stimata del parco corrisponde a circa 10.000 MWh: stando ai rilevamenti del GRTN (Gestore Rete di Trasmissione Nazionale) il parco sarà in grado di soddisfare quasi completamente il fabbisogno energetico dell’intero Comune di Cairo Montenotte, che conta circa 13.000 abitanti.
"Il Comune di Cairo Montenotte, grazie al parco eolico “Valbormida”, contribuisce attivamente al rispetto del Protocollo di Kyoto e costituisce un esempio virtuoso di sostenibilità energetica", fanno sapere da Fera che ha realizzato l'impianto.

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Tratto da "Terra"
Clima, stop al carbone o sarà aumento di 5 gradi

RAPPORTO. Un team internazionale di ricercatori lancia l’allarme: l’ecosistema rischia il collasso. «La Conferenza di Copenaghen è l’ultima chance».
Le temperature globali potrebbero aumentare di ben 6 gradi centigradi per la fine di questo secolo. è l’allarme lanciato da un team internazionale di ricercatori, capeggiato dall’università della East Anglia e dal British Antarctic survey, parte del “Global carbon project”, un panel di studiosi che, dal 2001, si occupa del ciclo del carbone con l’obiettivo di mappare l’interazione tra il gradiente umano e fisico nell’ambiente. Le conclusioni della ricerca sono state appena pubblicate sulla rivista scientifica Natural Geoscience e si candidano a rappresentare uno degli standard più affidabili per i prossimi studi, raccogliendo dati degli ultimi cinquant’anni.

Uno degli aspetti più interessanti sottolineati dagli studiosi è che, nell’analizzare le proiezioni delle emissioni, bisogna tener conto della capacità naturale dell’ecosistema di assorbirle; ed è proprio questa facoltà che sta venendo meno, rappresentando così un effetto moltiplicatore per l’inquinamento. Negli ultimi cinquant’anni la percentuale di emissioni di CO2 rimasta nell’atmosfera al netto di tale assorbimento naturale è aumentata del 5%; si è passati da una traccia di gas serra del 40% a una del 45%. La performance declinante dei filtri naturali, presenti sulla terra e sul mare è, secondo i ricercatori, da imputarsi al cambiamento climatico prodotto dall’aumento di emissioni registrate negli ultimi anni.

Un vero circolo vizioso da cui potrebbe essere impossibile uscire, a meno che i decisori globali non imbocchino convintamente la strada della riduzione delle emissioni inquinanti. Gli studiosi, in particolare, si concentrano sul carbone il cui uso ha ormai superato il petrolio. Le emissioni di gas serra legate a questo combustibile prodotte dai Paesi in via di sviluppo sono, infatti, maggiori di quelle dei Paesi più ricchi. Secondo lo studio, dal 2000 al 2008 si è registrato un aumento delle emissioni da carburante fossile del 29%. Corinne Le Quéré, responsabile del progetto, però, non vuole sembrare catastrofista. Gli studiosi hanno solo descritto uno scenario probabile. L’esperta ha spiegato come solo attraverso l’adozione di un principio di precauzione che imponga limiti alle emissioni si potrà verificare quanto la diminuzione dei sistemi di filtraggio naturale sia legata all’inquinamento.

I ricercatori hanno dimostrato incontrovertibilmente come le emissioni di CO2 da carbone siano, a oggi, sempre aumentate. Dal 1990 al 2008 si è registrato un aumento del 41%, passando a una crescita media annua del 3,4% nel periodo 2000-2008, rispetto alla media dell’1 per cento degli anni Novanta. Gli aumenti delle emissioni, peraltro, si registrano anche a partire dal cambiamento delle destinazioni d’uso della terra e con l’aumento degli scambi globali con i Paesi in via di sviluppo. Se lo scenario tratteggiato si dovesse confermare, l’aumento di 5-6 gradi centigradi potrebbe innescare una cascata di effetti negativi difficilmente controllabile.

Per disinnescare il pericolo, bisognerebbe limitare l’aumento della temperatura a soli 2 gradi in più rispetto alla società preindustriale e portare le emissioni di CO2 a una tonnellata pro capite entro il 2050. Per rendere l’idea dello sforzo che ci attende, va rimarcato che, oggi, gli Stati Uniti si attestano su 19,9 tonnellate e l’Europa su circa la metà. «La Conferenza di Copenaghen è l’ultima chance», ammonisce Le Quéré. «Se gli impegni non verranno rispettati, ci incammineremmo verso un aumento di 5-6 gradi».
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Tratto da Left
Di carbone e di altre sciocchezze

di Emanuele Bonpan
Dimentichiamoci il carbone nero ed economico che la Befana era solita a portare ai bambini cattivi..... Quello che gli analisti finanziari non dicono è quanto carbone sia rimasto e come le riserve influenzeranno il prezzo nei prossimi anni. Di fossile da estrarre, in realtà, non ce n’è poi così tanto. Le due principali economie mondiali, Usa e Cina, basano la produzione di energia elettrica sull’impiego del carbone, per il 55 per cento la prima, per il 70 per cento la seconda, e detengono rispettivamente il 27 e il 12,5 per cento delle riserve mondiali. La quantità di risorsa immagazzinata, però, si basa su calcoli generici vecchi di 40 anni che stimano il rapporto tra riserve e produzione (R/P) sui 255 anni per gli Stati Uniti e sui 120 per la Cina.

«Nessuno considera che, come il petrolio, anche il carbone sta raggiungendo il picco di produzione» spiega Richard Heinberg, uno dei più grandi esperti sullo studio delle riserve di carbone, ricercatore del Post carbon institute. «Gli Usa raggiungeranno il coal peak tra il 2020 e il 2040, il resto del mondo nel 2035 e la Cina entro i prossimi 10 anni. Noi siamo stati confusi dai dati sulle risorse mondiali, a causa di stime inaccurate ma anche perché ci siamo basati sul rapporto tra produzione e riserve piuttosto che determinare il picco di produzione in relazione alla domanda». Il carbone estratto, dunque, presto diminuirà mentre la domanda continua a salire, creando quindi un paradosso di mercato. Vari analisti, tra cui la National academy of science, assestano la disponibilità globale (al ritmo di consumo attuale, senza calcolare il prevedibile aumento) su un periodo di 120 anni, un arco di tempo ben più breve di quanto precedentemente calcolato. Ciò significa che, nel breve termine, i prezzi potrebbero aumentare e la ricerca di nuovi filoni porterebbe a un’industria dell’estrazione sempre più invasiva. «I prezzi saranno ancora più volatili. Potrebbero aumentare del 400-500 per cento», continua Heinberg, «specie quando usciremo dalla crisi. Inoltre l’aumento di produzione di gas naturali, assieme ad altri fattori, renderebbe l’energia derivata dal carbone non competitiva nei confronti delle rinnovabili o di altre fonti, come il nucleare».

Se negli Stati Uniti il dibattito sulle riserve è aperto, in Cina i dati sono più incerti. Esistono 25mila miniere, alcune illegali e non sorvegliate, mentre la produzione non arriva ancora a soddisfare la domanda. Secondo un report di Energy watch group, la quantità di fossile immagazzinata dai cinesi è sovrastimata, e anche se le cifre divulgate dal governo - oltre 186 miliardi di tonnellate di carbone - fossero vere, il coal peak si sposterebbe di soli 15 anni. In attesa di conferme da parte dell’Usgs, il dipartimento di Geologia del governo americano e acquirente numero uno del carbone, l’industria energetica dà segni di nervosismo, visti i dubbi sulla capacità di garantire risorse sufficienti per le centrali elettriche, specie quelle di nuova realizzazione. «La Cina soffrirà più di altri per problemi di rifornimento. Già ora sta investendo ingenti risorse, in concorrenza con l’India, in Australia. Presto potrebbe scoprire che questo non basta più e il carbone da risorsa economica diverrebbe una risorsa strategica».

La scarsità di questo fossile potrebbe essere però una buona notizia per l’uomo e per l’ambiente.
In Cina ogni anno muoiono cinquemila minatori mentre sono incalcolabili i danni alla natura e alla salute derivanti dalla combustione nelle miniere e nelle centrali.
Negli Stati Uniti, invece, il settore estrattivo mountain top removal, ovvero basato sulla rimozione dell’intera cima collinare tramite esplosivo, ha causato decine di migliaia di morti. Vittime legate all’emissione di polveri sottili, all’inquinamento delle acque e ai conseguenti allagamenti derivanti dalla distruzione del suolo. Mary Anne Hitt della campagna Beyond coal spiega che «Il mountain top removal genera ottimi profitti, sostituisce il lavoro umano con l’esplosivo e rende più efficiente l’estrazione. In Virginia e Kentucky, però questo sistema ha devastato l’acqua, l’habitat delle foreste e molte comunità dei monti Appalachi, ridisegnandone completamente la topografia.

È indubbiamente la più seria delle catastrofi ambientali sul suolo americano. Lasciandosi alle spalle l’economia del carbone, tutto questo potrebbe cessare». Per difendersi dagli attacchi degli ambientalisti, l’industria ha introdotto il “carbone pulito”, un prodotto creato impiegando filtri e tecnologie speciali per eliminare l’emissione di particolato nell’atmosfera e per catturare le emissioni. «L’uso di queste tecnologie ha inquinato ancora di più l’acqua», chiarisce Mary Anne Hitt. «Parlare di carbone pulito è un controsenso: se si vuole tenere l’aria pulita si usa l’acqua, che così diventa inquinata. La componente “sporca” non può misteriosamente sparire». Anche Heinberg è scettico «Il clean coal non sarà mai una realtà. Le tecnologie - quando saranno completamente in funzione - faranno diventare ancora più cara l’elettricità derivata dal carbone, rendendo questa risorsa definitivamente svantaggiosa sul mercato».

Inquinante, dannoso, prossimo al “picco”, sempre più caro, osteggiato dagli ambientalisti e anche dall’amministrazione Obama: sembrerebbe evidente che il carbone è destinato a scomparire lentamente come risorsa energetica. Anche l’ultimo attacco di lobby potenti come American coalition for clean coal (che ha speso centinaia di milioni di dollari per promuovere il carbone), è sintomatico della paura di chi sta facendo di tutto per sopravvivere e lucrare nel breve periodo.
Anche se la sconfitta del carbone è lontana, visto che le risorse rinnovabili oggi coprono solo l’1 per cento della produzione totale, la crepa nel mercato è aperta ed è bene che gli Stati ponderino con attenzione le politiche in questo settore per evitare investimenti in un mercato che intravede il tramonto.

(Cristiano Salvi ha collaborato da Pechino)

23 ottobre 2009

19 novembre 2009

2009/11/19 "Spotorno: amministrazioni contro l'ampliamento Tirreno Power"

Tratto da "Savona News "

Spotorno: amministrazioni contro l'ampliamento Tirreno Power


Lunedì 23 novembre, alle 21, i Consigli Comunali di Spotorno, Noli, Bergeggi e Vezzi Portio sono convocati in seduta congiunta nella Sala Palace di Spotorno per ribadire la propria contrarietà all’ampliamento della centrale a carbone Tirreno Power di Vado Ligure.
Si tratta di una scelta fortemente motivata nella difesa del territorio ma anche per riaffermare la necessità del rispetto dei parametri del Protocollo di Kyoto e soprattutto degli obiettivi comunitari di riduzione delle emissioni fissati per il terzo millennio.

"Si tratta inoltre di compiere una scelta fondamentale a tutela della salute di tutti i cittadini e di partecipare al movimento popolare unitario, che sta manifestando nel territorio la propria forte opposizione ad un progetto che presenta gravi rischi per l’inquinamento della zona attraverso l’incremento dell’utilizzo del carbone.
I comuni del territorio Savonese subiscono infatti da anni la presenza della Centrale di Vado Ligure ed in una epoca in cui si sta sempre più guardando verso l’uso delle energie rinnovabili ed ai nuovi obiettivi, che verranno posti dalla ormai prossima Conferenza di Copenaghen, appare sempre più assurdo incentivare l’uso di una fonte energetica inquinante ed in via di auspicabile superamento come il carbone in un territorio già fortemente provato da strutture industriali impattanti", dicono i sindaci.
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Per ottenere risultati bisogna cambiare tipo di approccio, andare “col cappello in mano” non serve a nulla se non a subire. La saggezza popolare ha coniato un detto che dice pressappoco così: se pecora ti fai, il lupo ti mangia.
Tratto da Brundisium.net

Convenzioni: partita da giocare a carte scoperte

La “riservatezza” gradita all’Enel e che ancora oggi colpevolmente grava sulla vicenda convenzione, la pressoché totale mancanza di notizie al riguardo è un’offesa alla cittadinanza, alla democrazia – che tutti, a parole, dicono di volere partecipata – e alla normale, oltre che dovuta, trasparenza riguardo vicende pubbliche che coinvolgono tutti, senza distinzioni di ceto, di appartenenza politica e di diversa sensibilità sociale e ambientale. Questa è una partita che si ha il dovere di giocare a carte scoperte.
Se in questa vicenda la classe politica tutta si gioca la propria attendibilità, affidabilità e la coerenza tra quello che dice e quello che fa, la popolazione – ben oltre quella brindisina – vede in repentaglio la propria salute e la prospettiva di sviluppare compiutamente altri settori economici strategici come l’agricoltura e il turismo, in poche parole la vivibilità sociale, politica, economica e ambientale del proprio territorio.

Per quale motivo la classe politica si gioca la propria credibilità?Perché non vi è stata una qualsiasi formazione politica che non abbia sbandierato la propria critica posizione in merito ai rapporti con l’Enel - e col comparto energetico in genere - e agli eccessivi consumi di carbone...Un atteggiamento che, se fosse seguito coerentemente da azioni politiche, sarebbe stato una base seria per una trattativa vera; oggi – mi duole dirlo – tutto ciò ha le sembianze di una commedia, si sta giocando con numeri ingannatori, si sta recitando un copione scritto dall’Enel.
L’Enel non ha obblighi particolari a firmare la convenzione se non per una necessità d’immagine e la convenienza ad avere una legittimazione sociale e politica da parte delle istituzioni.
A questo punto le domande sono:
1. Quanto è disponibile l’azienda elettrica a “sacrificarsi” purché si giunga alla firma di questa?
2. Quanto conviene alla parte istituzionale firmarle alla presenza di risibili “concessioni”?
Alla prima domanda è facile rispondere: poco o nulla in confronto agli inimmaginabili guadagni, alla decennale perversa “occupazione” del nostro territorio ma anche a causa di una controparte debole e poco propensa ad un impegnativo braccio di ferro.
La seconda domanda merita una risposta un po' più articolata.
Posto che non si sono comprese - più per assenza di comunicazione che di comprendonio - le richieste avanzate dalle istituzioni, e per quel poco che si sa, non varrebbe proprio la pena - in linea di principio - concedere all’Enel la benché minima legittimazione, soprattutto per un periodo assurdo di 10 (dieci) anni quando la durata di tre sarebbe già più giusta.
Ma questo principio avrebbe senso se una volta non legittimato il colosso energetico gli si facessero le pulci quotidianamente, per iniziare con un controllo ambientale senza sconti, e comunque occorrerebbe esercitare pressioni politiche affinché la Regione potenzi l’Arpa dotandola di maggiori risorse tecniche e umane....
Ma cosa è doveroso che venga chiesto, e soprattutto che non possa essere accettato?
Innanzitutto si deve discutere della riduzione di carbone senza giri di parole, lasciando perdere i riferimenti alla CO2 la cui riduzione è un problema globale che deve interessare il Governo al netto di ciò che più direttamente sono gli interessi del territorio. Parliamo quindi, sic et simpliciter, di quanto deve diminuire il carbone (il 20%, il 30%?) facendo riferimento non certo agli attuali quantitativi o a quelli del 2004, anno in cui si toccò uno dei picchi massimi. Parliamo di come potenziare i controlli che devono essere pubblici e non certo demandati a carrozzoni costituiti a bella posta o quasi.
Parliamo, o meglio non ne parliamo proprio, della possibilità di sostituire una parte di carbone con del CDR, questa è una ipotesi che non dovrebbe nemmeno affacciarsi, se vi sono dei problemi per lo smaltimento dei rifiuti si affrontino nelle sedi opportune. Far passare questa possibilità significa peggiorare di molto la situazione ambientale brindisina che è già insostenibile, far divenire la centrale di Cerano e quindi Brindisi il crocevia della “monnezza”.
La durata della convenzione, posto che deve essere firmata se vi sono le giuste e favorevoli condizioni, è bene che non duri più di tre anni al termine dei quali se l’Enel non ha adempiuto quanto sottoscritto - come purtroppo la casistica ci insegna - ferma la produzione, questo è il solo deterrente che la società riesce a percepire.Per gli altri aspetti come la copertura del carbonile, la diminuzione degli inquinanti, l’ambientalizzazione sono cose dovute e non gentili concessioni.
Per ottenere risultati bisogna cambiare tipo di approccio, andare “col cappello in mano” non serve a nulla se non a subire. La saggezza popolare ha coniato un detto che dice pressappoco così: se pecora ti fai, il lupo ti mangia.

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Tratto da Peacelink

Taranto Pazienza e fiducia sono finite : Mò avaste!
Oltre la manifestazione


Partecipiamo alla manifestazione del 28 novembre, ma soprattutto organizziamoci insieme a chi vuole costituire un controllo popolare su tutte le questioni determinanti per la città.
Occorre progettare e imporre, noi cittadini, un futuro della città fatto di lavori che ne risanino l'ambiente
19 novembre 2009 - Comitati di Quartiere cittadini

Il 28 novembre la città, come l'anno scorso, manifesterà contro un inquinamento che è tra i più gravi d'Europa. Sarà un altro segnale, ma non potrà decidere tutto.

Ancora meno deciderà il referendum sulla chiusura totale o parziale dell'Ilva, agitato con gran chiasso dalla stampa. Perché è unicamente consultivo: esprime cioè un parere che può facilmente restare lettera morta, come per il Petrolchimico di Marghera.

A Riva non fa assolutamente paura, ma coglierà l'occasione per tentare di minacciare e ricattare, creando divisione tra fabbrica e città.

Solo noi cittadini, se siamo uniti, possiamo tentare di cambiare qualcosa. Non possiamo fidarci dei politici. Abbiamo problemi serissimi: disoccupazione, nocività e mortalità grave, interne ed esterne all'area industriale, attività produttive tradizionali minacciate dall'inquinamento, sanità inadeguata.
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Riguardo agli amministratori: possiamo fidarci di chi parla di raccolta differenziata dei rifiuti e poi riattiva un inceneritore?
Di chi, riguardo alla tutela del mare, non dice nulla sui dragaggi?


Per questo, partecipiamo alla manifestazione del 28 novembre, ma soprattutto organizziamoci insieme a chi vuole costituire un controllo popolare su tutte le questioni determinanti per la città.
Non basta una sola grande manifestazione per risolvere tutto.

Occorre che la città conosca le condizioni della fabbrica, che cittadini e operai impongano insieme, almeno, il rispetto delle leggi europee in materia di sicurezza e inquinamento, come primo tassello per una più ampia rivendicazione di diritti troppo a lungo disattesi.
Perché per rispettare la vita degli operai e la salute dei cittadini non si è costretti a chiudere una fabbrica, si devono fare meno profitti.
Ma occorre anche ampliare l'occupazione, intervenendo da subito sulle questioni ambientali; e occorre progettare e imporre, noi cittadini, un futuro della città fatto di lavori che ne risanino l'ambiente.
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Tratto da "La Gazzettadel Mezzogiorno"
Rischi da petrolio parte il controllo
di Giovanni Rivelli

POTENZA - Ci sono conseguenze delle attività estrattive sulla salute di quanti risiedono nei centri interessati? La domanda, nella sua semplicità, apre uno scenario vastissimo, mai affrontato compiutamente in nessuna parte del mondo e che sarà al centro, ora di un progetto di monitoraggio sanitario che interesserà i 31 comuni lucani del petrolio.
È la prima volta nel mondo che una ricerca epidemiologica a tappeto di questo tipo viene fatta in relazione alle attività estrattive di petrolio. Il progetto, varato dalla Giunta Regionale di Basilicata la scorsa settimana, è frutto di una proposta della Federazione Medici di Medicina generale della provincia di Potenza, i così detti «medici di famiglia», che rappresentano il cardine del monitoraggio, anche se la ricerca si avvale di importantissime partecipazioni scientifiche che coinvolgono, tra gli altri, l’Università’ Cattolica del Sacro Cuore e l’istituto Mario Negri sud.
Il progetto avrà una durata quinquennale e coinvolgerà una popolazione di circa 62mila abitanti con una spesa di circa 2 milioni e mezzo di euro (esattamente 2 milioni e 571mila euro) più o meno equamente distribuiti tra le varie annualità (il primo anno si spenderanno 547mila euro).

Il progetto, nella sua essenzialità, è abbastanza semplice.
La rete dei medici di famiglia, sul territorio, nell’ambito della normale attività di assistenza ai pazienti, provvederà a rilevare l’insorgenza di alcune patologie e segnalarla attraverso un apposito software. In questo modo si creerà una banca dati georeferenziata in grado di indicare una eventuale maggiore incidenza di alcune patologie e verificare se ci sia o meno una relazione alla vicinanza di possibili fonti di inquinamento. In questo modo sarà possibile conoscere quasi in tempo reale i problemi di salute, le patologie e soprattutto i fattori di rischio della popolazione residente nei comuni lucani interessati alla filiera produttiva del petrolio.
«Riscontrata l’incidenza di un problema di salute X - spiega il progetto - diventa importante utilizzare strumenti di monitoraggio territoriale che evidenzino, attraverso l’uso di cartografie digitali, la posizione ambientale e geografica dei pazienti, rispetto a determinati punti di interesse, ad esempio il cento olii o zone di stoccaggio di sostanze pericolose».
E nel momento in cui dovesse essere notato l’aumento dell’insorgenza di alcune patologie (anche se in letteratura non direttamente collegabili) nelle aree vicine sarebbe automatico ipotizzare una correlazione.
E proprio nell’individuazione di fattori statistici anomali e nella ricerca dei nessi di causalità tra l’esposizione ad inquinanti ambientali e la maggiore insorgenza di queste patologie costituirà l’approfondimento del progetto a cui parteciperanno partner tecnico-scientifici di primo piano come l’Università Cattolica del Sacro Cuore e l’istituto Mario Negri sud. Da oggi, insomma, ci saranno maggiori elementi di sicurezza nel monitoraggio degli effetti del petrolio sulla salute.