COOKIES POLICY DI UNITIPERLASALUTE.

QUESTO BLOG UTILIZZA COOKIES ,ANCHE DI TERZE PARTI.SCORRENDO QUESTA PAGINA ,CLICCANDO SU UN LINK O PROSEGUENDO LA NAVIGAZIONE IN ALTRA MANIERA ,ACCONSENTI ALL'USO DEI COOKIES.SE VUOI SAPERNE DI PIU' O NEGARE IL CONSENSO A TUTTI O AD ALCUNI COOKIES LEGGI LA "COOKIES POLICY DI UNITIPERLASALUTE".

28 ottobre 2010

1)Perché il Governo non dice tutta la verità sul benzo(a)pirene? 2)Tutta la verità su Acerra....


Tratto da Peacelink

Un'analisi dettagliata delle nuove norme. Punto per punto, ecco come si smontano le tesi dell'Ufficio Legislativo del Ministero dell'Ambiente

Perché il Governo non dice tutta la verità sul benzo(a)pirene?


Il benzo(a)pirene è un potente cancerogeno che viene veicolato nei polmoni dalle polveri sottili e che è originato dalle combustioni delle industrie e delle auto. Fa parte degli IPA, gli Idrocarburi Policiclici Aromatici. Perché il governo ha rimosso la norma che a partire dal 1999 proibiva il superamento di 1 nanogrammo a metro cubo e con il decreto 155/2010 ha prorogato al 2013 le norme a tutela della salute dei cittadini delle città con più di 150 mila abitanti?

Parliamo di una sostanza che è anche genotossica: può modificare il DNA trasmesso dai genitori ai figli.

25 ottobre 2010 - Associazione PeaceLink


Abbiamo "smontato" pezzo per pezzo la risposta del Governo alla risoluzione dell'on. Alessandro Bratti che chiedeva il ripristino delle norme precedenti all'entrata in vigore del decreto con cui il governo lascia "briglia sciolta" al benzo(a)pirene.
Il testo del Governo non è in grassetto.
Il nostro commento invece è in grassetto blù.


Associazione PeaceLink

Ministero dell'Ambiente della Tutela del Territorio e del Mare UFFICIO LEGISLATIVO

Oggetto: Risposta a risoluzione in Commissione n. 7-00393 (VIII° Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici) (On. Alessandro Bratti). Concentrazioni di benzo(a)pirene in atmosfera.

Il decreto legislativo n. 155/2010 ha previsto, per il benzo(a)pirene, un valore obiettivo pari a 1 ng/m3, da raggiungere entro il 31 dicembre 2012 su tutto il territorio nazionale, in piena conformità a quanto stabilito dalla direttiva comunitaria 2004/107/CE.

NOTA BENE: La direttiva comunitaria 2004/107/CE fissa al 31 dicembre 2012 il termine ultimo: le legislazioni nazionali possono decidere di anticipare tale scadenza. E infatti la legislazione italiana nel 1994 aveva stabilito che il valore non doveva essere superato a partire dall'1/1/1999 per le città oltre i 150 mila abitanti. Tale norma è stata cancellata segnando un evidente passo indietro. Il governo non specifica inoltre che la direttiva comunitaria 2004/107/CE era già stata recepita con decreto legislativo 152/2007. Perché abrogarlo con il decreto legislativo 155/2010? Il fine del governo era quello di cancellare le norme più avanzate contenute nel decreto legislativo 152/2007, dando agli inquinatori altri due anni di tempo (fino al 31 dicembre 2012) per sforare il valore di 1 ng/m3 mentre la normativa precedente costringeva gli inquinatori a scendere sotto 1 ng/m3 fin dal 1° gennaio 1999. Il benozo(a)pirene è un cancerogeno molto pericoloso: respirare mediamente 1 ng/m3 di benzo(a)pirene per un bambino equivale a inalare il fumo di circa 700-800 sigarette/anno.

Al fine di assicurare il perseguimento di tale valore, il decreto ha definito un quadro istituzionale e procedurale idoneo affinché le autorità regionali e locali possano attivare tutti gli adempimenti necessari a svolgere, in modo corretto e continuativo, il monitoraggio di questa sostanza ed a individuare gli interventi da attuare per il risanamento. Il precedente decreto ministeriale 25 novembre 1994 prevedeva, per il benzo(a)pirene, un equivalente obiettivo di qualità (1 ng/m3) da rispettare, peraltro, solo presso alcuni grandi centri urbani a partire dal 1999. Tale obiettivo non aveva tuttavia mai trovato una reale applicazione. Questo perché il benzo(a)pirene, essendo un inquinante caratterizzato da specifiche tipicità, ha sempre determinato notevoli difficoltà tecniche e gestionali per le amministrazioni locali competenti, anche per l'assenza di metodi di analisi e verifica scientificamente provati.



NOTA BENE: Le ultime due frasi sono ambedue false. Non è vero che il rispetto dell'obiettivo di qualità non aveva mai trovato applicazione. Prova ne è il fatto che a Genova, nel quartiere di Cornigliano (accanto a cui sorge l'Ilva), erano state compiute misurazioni del benzo(a)pirene, era stato accertato un costante sforamento del benzo(a)pirene e - come "applicazione" della normativa la cokeria - è stata chiusa dato che era la fonte prevalente di benzo(a)pirene. La stessa cosa stava per accadere a Taranto: nel quartiere Tamburi vi è un costante sforamento del benzo(a)pirene dovuto prevalentemente (secondo Arpa Puglia) alla cokeria dell'Ilva di Taranto. A questo punto il governo è intervenuto modificando la normativa. La normativa è stata modificata perché rischiava di essere nuovamente applicata all'Ilva. La normativa è stata cambiata non perché non veniva applicata ma perché era "pericolosa" e dava fastidio agli inquinatori.
Inoltre è falso parlare di "assenza di metodi di analisi scientificamente provati": erano specificati negli allegati al decreto legislativo 152/2007.


---
Agli organi tecnici e ai laboratori regionali e provinciali preposti al controllo e all'assicurazione di qualità dei dati era infatti affidata l'applicazione delle procedure per il corretto funzionamento degli strumenti di misura e la garanzia di qualità dei dati.
In particolare, le valutazioni sullo stato degli inquinamenti causati dagli IPA (Idrocarburi Policiclici Aromatici) - analisi delle cause e dei processi di diffusione, individuazione delle aree critiche - e le linee guida per gli interventi di prevenzione e gestione delle situazioni critiche dovevano essere inclusi nei piani regionali e locali per la qualità dell'aria elaborati secondo le norme all'epoca vigenti.
Per recepire la direttiva, si è, quindi, reso necessario adeguare, nel diritto interno, procedure e metodi di misura alle nuove regole comunitarie, secondo la logica propria di queste ultime, che, diversamente da quella sottesa al DM del 1994, tendente all'acquisizione di conoscenze, punta sul monitoraggio e sull'individuazione e l'adozione delle misure di risanamento e di prevenzione, prevedendo poteri sostituivi in caso di inadempienza dei soggetti preposti.
In questo nuovo quadro di riferimento, è apparso dunque incongruo mantenere vigente un obiettivo di qualità in un numero limitato di città da raggiungere sulla base di piani regionali impostati su norme abrogate nel 1999 in quanto difformi da quelle stabilite a livello europeo.



NOTA BENE: il governo in caso di "inadempienza del soggetti preposti" che fa? Rimanda l'applicazione delle norme che erano in vigore dal 1/1/1999! E offre ai soggetti inadempienti altri due anni (fino al 31/12/2012) per continuare ad essere inadempienti. L'argomentazione del governo è tesa ad evidenziare i "limiti" del DM 25.11.1994. In realtà il DM del 1994 è stato un fiore all'occhiello della legislazione italiana: ha fatto scuola in Europa, anticipando i tempi. Ha tracciato una strada nuova, facendo tesoro di esperienze compiute esperti italiani di valore. Era naturale che nel 1994 - partendo in anticipo rispetto all'Europa - la normativa mirasse inizialmente all'acquisizione di conoscenze nelle aree urbane con oltre 150 mila abitanti per poi estendere la rete di monitoraggio. L'attuale governo disconosce il valore delle novità del DM 25/11/1994. Ma chi aveva varato il DM 25/11/1994, così avanzato e positivo? Il primo governo Berlusconi.

Altrettanto incongruo sarebbe stato porre un limite vincolante da subito su tutto il territorio nazionale ancora prima di impostare una rete di monitoraggio che consentisse controlli effettivi.

NOTA BENE: il limite vincolante è stato tolto dal governo proprio perché c'era una rete di monitoraggio che consentiva controlli effettivi! E i controlli a Taranto erano diventati così efficaci che era scattata un'inchiesta sul benzo(a)pirene ed erano indagati 4 dirigenti Ilva. A questo punto, con straordinaria coincidenza, il governo ha varato il decreto legislativo che ha rimosso il "limite vincolante" di 1 ng/m3 in vigore dall'1/1/1999 per le aree urbane con più di 150 mila abitanti.


L'unica soluzione razionale era, pertanto, quella adottata con il decreto legislativo n. 155/2010, ossia quella di conformarsi all'ordinamento comunitario stabilendo, per il benzo(a)pirene, un valore obiettivo pari a 1 ng/m3, da raggiungere entro il 31 dicembre 2012 su tutto il territorio nazionale, e di definire un quadro istituzionale e procedurale idoneo affinché le autorità regionali e locali possano attivare tutti gli adempimenti necessari a svolgere, in modo corretto e continuativo, il monitoraggio di questa sostanza ed a individuare gli interventi da attuare per il risanamento e la prevenzione, prevedendo altresì, specifici obblighi, per lo Stato, in caso di inadempienza delle Amministrazioni preposte.

NOTA BENE: Il Governo dice di volersi uniformare alla normativa comunitaria. Ma il Trattato CE all'art. 176 recita: "I provvedimenti di protezione adottati per realizzare gli obiettivi della politica ambientale della Comunità non impediscono ai singoli Stati membri di mantenere e di prendere provvedimenti per una protezione ancora maggiore. Tali provvedimenti devono essere compatibili con il presente Trattato. Essi sono notificati alla Commissione".
Questa è una clausola di salvaguardia delle legislazioni nazionali più avanzate. Invece il Governo ha cancellato la data del 1/1/1999 a partire dalla quale assumeva un profilo penale superare 1 ng/m3 per le aree urbane con più di 150 mila abitanti. E' un oggettivo regalo all'Ilva, indagata per le emissioni di benzo(a)pirene della cokeria, ma è un danno per tutte le grandi città italiane inquinate da traffico o da emissioni industriali.


Il Governo ritiene che l'obbligo di realizzare un idoneo monitoraggio e di svolgere una precisa istruttoria per la selezione degli interventi di risanamento, potrà consentire, a differenza di quanto avvenuto in passato, l'attuazione effettiva di misure concrete ed efficaci.

NOTA BENE: è vero proprio il contrario: le misure concrete ed efficaci vengono "rinviate" al 31/12/2012. Da quella data entrano in vigore misure che non sono efficaci in quanto la nuova normativa parla solo di rispetto del "valore obiettivo" (non vincolante), mentre la precedente normativa introduceva il concetto di "obiettivo di qualità" (vincolante) per le aree urbane con più di 150 mila abitanti.


Resta peraltro inteso che, per assicurare il conseguimento del valore obiettivo entro il 31 dicembre 2012, il processo di monitoraggio e valutazione della qualità dell'aria e di analisi e selezione degli interventi dovrà essere immediatamente intrapreso dalle competenti autorità, sotto il coordinamento del Ministero dell'ambiente.

Si ribadisce, dunque, che il decreto legislativo n. 155/2010 non ha determinato alcun peggioramento delle precedenti condizioni di qualità dell'aria (alla luce del fatto che il decreto ministeriale 25 novembre 1994, era rimasto inattuato, come già chiarito) ma crea, invece, le condizioni affinché sia effettivamente realizzata una concreta attività di risanamento, da avviare immediatamente e da concludere in tempi certi.



NOTA BENE: non è assolutamente vero che il decreto ministeriale 25 novembre 1994 era rimasto inattuato. Prova ne è il fatto che la cokeria dell'Ilva di Genova è stata chiusa in presenza di un superamento costante (e accertato) dell'obiettivo di qualità di 1 ng/m3.

Si deve in ultimo osservare che, fin dalla prima stesura, il testo del decreto legislativo presentato alle competenti Commissioni parlamentari e dalle stesse approvato prevedeva che il decreto ministeriale 25 novembre 1994 fosse abrogato e che il valore obiettivo del benzo(a)pirene fosse perseguito negli stessi termini fissati per gli altri inquinanti di cui alla direttiva 2004/107/CE, concernente l'arsenico, il cadmio, il mercurio, il nickel e gli idrocarburi policiclici aromatici nell'aria (ossia entro il 31 dicembre 2012). Infine, va notato che queste previsioni contenute nel decreto legislativo sono state specificamente condivise anche dalle autorità regionali e locali in sede di Conferenza Unificata.


NOTA BENE: il decreto legislativo 155/2010 aveva lo scopo di recepire una direttiva del 2008 che non riguardava l'arsenico, il cadmio, il mercurio, il nickel e gli idrocarburi policiclici aromatici (dentro i quali si annida il benzo(a)pirene). Il governo quindi ha "usato" subdolamente il decreto legislativo 155/2010 per abrogare il precedente decreto 152/2007 che recepiva egregiamente direttiva 2004/107/CE. Gli inquinatori avevano l'obiettivo di cancellare le norme che conferivano rilievo penale agli sforamenti fin dal 1999. E il governo ha oggettivamente fatto ciò. Abrogare la normativa precedente (il decreto legislativo 152/2007) è stata una mossa scorretta che ha tolto l'attuale tetto agli sforamenti. Sotto il profilo strettamente formale non vi era nessuna necessità di abrogare un decreto legislativo di soli tre anni fa che recepiva correttamente la direttiva 2004/107/CE, potenziandola con le norme di qualità ambientale del DM 25.11.1994 che avevano valore cogente per le aree urbane con oltre 150 mila abitanti.


_______________________________________





Tratto da Terra

Tutta la verità su Acerra

Alessandro De Pascale

RELAZIONE. Il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, ha più volte ribadito che il termovalorizzatore funziona bene. Ma la Commissione che a luglio lo ha collaudato non la pensa esattamente così. Ecco perché .

Il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, ha assicurato domenica che i rifiuti presenti nelle strade di Napoli verranno «portati nel termovalorizzatore di Acerra e questa sarà la prova del nove sul funzionamento dell’impianto, così vedremo se, come dicono, il termovalorizzatore non funziona e le strade resteranno sporche oppure no. A fine novembre la terza linea sarà accesa e sarà invece spenta la prima linea per la manutenzione». Il termovalorizzatore di Acerra, l’unico finora costruito in Campania, è stato avviato nel settembre 2009 nonostante i lavori per costruirlo siano partiti nell’agosto 2004. L’impianto dispone di tre linee indipendenti che sulla carta possono smaltire ciascuna circa 27 tonnellate di rifiuti all’ora.

Quindi a pieno regime dovrebbe trasformare in energia 1.950 tonnellate di rifiuti al giorno (600mila l’anno). Praticamente l’intera produzione della provincia di Napoli. Il condizionale è d’obbligo perché sono in molti a denunciare problemi e carenze dell’impianto, compresa la stessa Commissione di collaudo nella sua relazione del 16 luglio.


Il primo problema è la qualità dei rifiuti in entrata. Normalmente i termovalorizzatori sono progettati e autorizzati a ricevere soltanto Combustibile da rifiuto (Cdr) che deve rispettare i parametri stabiliti dai decreti ministeriali. Ma sette Cdr campani non hanno mai prodotto combustibile di qualità e sono stati declassificati a Stabilimenti di tritovagliatura e imballaggio rifiuti (Stir).

Tanto che in passato i Cdr sono più volte stati sequestrati dalla magistratura, proprio per la difformità del materiale prodotto finora: le famose sei milioni di ecoballe stoccate in giro per la Campania. Ma anche di quelle attuali. A questo punto pur di incenerirle lo stesso è intervenuto il governo. Una legge del 2008 «autorizza per il termovalorizzatore di Acerra, il conferimento e il trattamento di rifiuti» normali, semplicemente sminuzzati e impacchettati dai tritovagliatori. Creando molti problemi all’impianto di Acerra che deve bruciarle, visto che dentro quelle ecoballe c’è di tutto. «La presenza di percentuali di ferro a volte di notevole dimensione e di forma allungata nei rifiuti» creano «condizioni di alimentazione difformi da quelle progettuali», scrive la Commissione di collaudo.

Di conseguenza anche i macchinari installati ad Acerra sono «inadatti alla differente situazione» perché era previsto che «il rifiuto di alimentazione fosse stato Cdr di qualità».


Inoltre la Commissione ha notato che la monnezza tal quale semplicemente tritata e impacchettata «risultava visibilmente bagnata», dato che la spazzatura indifferenziata contiene anche la frazione umida. Tanto che il presidente della Commissione, l’ingegnere Gennaro Volpicelli, ha chiesto nel febbraio 2010 alla struttura del sottosegretario Bertolaso «per quanto possibile di conferire all’impianto un rifiuto con minor umidità, e cioè con maggior potere calorifico». Perché quello attuale oltre a usurare di più le linee del termovalorizzatore, richiedendo una continua manutenzione che finora sarebbe costata ben 50 milioni di euro, produce anche una minore quantità di energia.

Inoltre nei giorni del collaudo per ben due volte il gestore della rete elettrica nazionale Terna ha chiesto per problemi sulla linea di non immettere l’energia prodotta che così è andata persa. Infine risaltano anche diverse opere non ancora realizzate come il «portale di rilevamento della radioattività dei mezzi conferitori dei rifiuti, il sistema in continuo di monitoraggio del mercurio e di prelievo dei microinquinanti, al camino di ogni linea». E si tratta di opere importanti, soprattutto per la salute delle popolazioni che vivono nei pressi del termovalorizzatore. Poi c’è «l’impianto di inertizzazione mai utilizzato» che serve a trattare le ceneri e le polveri prodotte che invece vengono «smaltite dalla struttura competente tal quali fuori regione».


E non è dato sapere se e con quale aggravio di costi. Fa invece sorridere che durante una delle visite ad Acerra della Commissione sia andata via la corrente elettrica fornita al termovalorizzatore dall’Enel. Un’interruzione che avrebbe dovuto azionare in automatico i motori ausiliari dei ventilatori di estrazione dei fumi prodotti dai forni, attivare i bruciatori ausiliari e soprattutto avviare la fermata graduale e controllata dell’impianto. Strumentazioni di sicurezza che in caso di problemi all’impianto sarebbero dovute entrare in funzione, spegnendo il termovalorizzatore.

Ma tutto questo non è avvenuto.

E a dirlo non è un comitato locale di cittadini ma la Commissione di collaudo.

Nessun commento: