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13 marzo 2014

Dal Secolo XIX :Caso Tirreno Power, «A Vado Ligure la politica eracomplice»

Il gip: Politica complice|,  L’ordinanza

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Tratto da Il Secolo XIX 

Caso Tirreno Power, «A Vado Ligure la politica era complice»

di Giampiero Timossi
Vado Ligure - Quarantacinque pagine, un atto di accusa. Nel decreto che dice (temporaneamente) stop al carbone nella centrale di Vado Ligure, ci sono i dati raccolti dai periti nominati dalla Procura di Savona e il lavoro investigativo dei procuratori Francantonio Granero e Chiara Maria Paolucci. Ma quello che sembra aprire nuovi scenari sono l’analisi e la sintesi di Fiorenza Giorgi, il giudice per le indagini preliminari che due giorni fa ha messo la firma sulle 45 pagine del decreto di sequestro preventivo . Giudizi  netti.
La promessa di eseguire i lavori previsti dall’Autorizzazione Integrata Ambientale? “Il tipico specchietto per le allodole”. E poi i metodi usati da Tirreno Power, l’accusa già rivolta a 5 suoi dirigenti, indagati per “disastro ambientale doloso”, cioè voluto. E infatti il giudice scrive: “E’ stato ampiamente evidenziato, che la condotta tenuta dalle società che si sono succedute nella gestione della centrale di Vado Ligure (Interpower Spa e Tirreno Power Spa) è stata costantemente e sistematicamente caratterizzata da reiterate inottemperanze alle prescrizioni, sia negli anni antecedenti al rilascio dell’AIA, sia nel periodo successivo al rilascio della stessa”.
Poi, sempre nella pagine conclusive del provvedimento, ecco nero su bianco quanto già sottolineato due giorni va dal gip, che aveva parlato di “gravi omissioni della politica”. E’ il terzo livello, un interesse a fare chiarezza che il giudice Giorgi ribadisce anche nel suo decreto: “Nella neghittosità degli organi pubblici chiamati a svolgere attività di controllo e che lungi dal sanzionare le dette intemperanze hanno ritardato in modo abnorme l’emissione dei dovuti provvedimenti ed emesso alla fine una AIA estremamente vantaggiosa e frutto di un sostanziale compromesso in vista della costruzione di un nuovo gruppo a carbone, che si presenta come meramente ipotetica non preoccupandosi da ultimo di imporre l’adempimento delle prescrizioni in ordine alla collocazione del Sistema Monitoraggio Emissioni (Sme)”.
Le inadempienze della Tirreno Power, le “omissioni” di chi doveva controllare, i dati già noti sulla mortalità nei comuni presi “scientificamente” in esame dai periti di parte, la volontà di dire che quell’autorizzazione integrata ambientale concessa due anni fa era già “lacunosa” in partenza. 
E che, per questo, per “tutelare la salute della popolazione” quell’impianto andava temporaneamente fermato: fino a nuovo adeguamento
Perché, si legge a pagina 17, secondo i dati raccolti dalla perizie non solo i danni si sono verificati fino al 2007, ma pure in quelli successivi, “attraverso una proiezione razionalmente attendibile, in quanto basata su dati oggettivi e certi”.
Quindi il passaggio che secondo i pm e il giudice sancisce l’impossibilità di continuare l’esercizio per i due attuali gruppi a carbone. Pagina 24: “La stessa Tirreno Power, nel procedimento Aia, dichiarava che i vecchi gruppi a carbone non sarebbero stati ulteriormente migliorabili in termini di prestazioni ambientali”. Ancora: “Per questo, il pubblico ministero, date le modeste e assolutamente insufficienti performance conseguibile per biossido di zolfo e monossido di carbonio, alla luce delle migliori tecniche disponibili, a rigore i predetti gruppi non avrebbero potuto continuare a esercire”.
Invece l’AIA viene rilasciata, sul presupposto della costruzione di un ulteriore gruppo a carboneUno “specchietto per le allodole”? Così scrivono i magistrati, che nel decreto di sequestro allegano anche un eloquente tabella riassuntiva, già contenta nell’AIA. Dove, per esempio, si legge che per il monossido di carbonio (C0) le prestazione MTP vanno a 30 a 50 milligrammi per ogni metro cubo d’aria. Mentre il limite prescritto dall’autorizzazione è superiore di ben cinque volte rispetto al massimo: 250 milligrammi per ogni metro cubo d’aria.
Poi la chiave di volta che ha portato al provvedimento più duro, la chiusura temporanea dei due impianti a carbone, spenti due sere fa, alle 22. Scrive il gip: “Ciò che preme evidenziare è che il gestore, certamente agevolato da una quasi assoluta carenza di controllo, ha di fatto violato la quasi totalità delle prescrizioni imposte e ha gestito in quasi assoluta autonomia e senza alcuna verifica, uno Sme. Sme, un sistema di monitoraggio che doveva essere montato entro il 14 settembre 2013 sulla ciminiera, in alto, dove poteva catturare tutti i fumi. E che invece è stato sistemato in basso e solo dopo la data stabilita.
 La goccia che ha fatto traboccare il vaso”, ha spiegato il giudice. Che a pagina 45 indica una via d’uscita: “Se Tirreno Power provvedesse all’installazione di un sistema di controllo adeguato, da calibrare e monitorare a opera di uno o più tecnici nominati da questo giudice, ai quali andrebbe anche affidato il compito di accertare, attraverso i controlli giornalieri dello Sme, che i gruppi a carbone siano gestiti in modo da mantenere le emissioni nei limiti delle migliori tecnologie disponibili, potrà provvedersi al dissequestro dei detti impianti”.
Alla Tirreno Power ci stanno pensando. Per salvare 200 posti di lavoro e la vita di una città.
Su Il Secolo XIX  l'articolo integrale



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