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31 marzo 2016

31 MARZO 2016 Estrazioni petrolio la ministra Guidi intercettata .... 15LUGLIO 2015: "Tirreno Power, guai per il ministro Federica Guidi: quell'incontro con Paola Severino"....

Oggi 31 marzo 2016 .....

Oggi 31 Marzo 2016 , scopriamo  un interessante collegamento fra il Ministro dello Sviluppo Federica Guidi,il suo fidanzato Gianluca Gemelli e il petrolio.

                 Il ministro si e' dimesso.

Continua a leggere su Dorsogna


SUCCEDEVA INVECE NEL LUGLIO 2015

Federica Guidi

Rassegna Stampa
TRATTO DA LIBERO QUOTIDIANO
L'INCHIESTA-BOMBA 
Tirreno Power, guai per il ministro Federica Guidi: quell'incontro con Paola Severino

Scandalo Tirreno Power. Il governo Renzi avrebbe favorito una leggina ad hoc pur i salvare la centrale di Sorgenia. Un caso-terremoto sul quale alza il velo La Stampa, che pubblica alcune intercettazioni della procura di Savona. Nei guai il sottosegretario Massimo De Vincenti, ma anche il ministro allo Sviluppo Economico, Federica Guidi. Nel dettaglio, la titolare del dicastero, come emergerebbe da alcune intercettazioni ambientali avrebbe incontrato l'avvocato Paola Severino, difensore di Tirreno Power. Una circostanza sospetta: leggi l'approfondimento.

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Tratto da Il Fatto Quotidiano

Ilva, Enel, Tirreno Power: i pm aprono inchieste, la politica bastona chi indaga

Ambiente & Veleni

Il ministro Guidi ammonisce ancora i giudici: "Attenti alle conseguenze delle vostre azioni". Tre giorni prima il suo nome era comparso nelle carte dell'indagine sulla centrale di Savona insieme al suo vice De Vincenti, ......... 

“La magistratura valuti il peso delle decisioni che prende”. Lo dice Federica Guidi, ammonendo i giudici a non spegnere l’Altoforno 2 dell’Ilva, che “condannerebbe lo stabilimento alla chiusura”. Un intervento che viene proprio da quel ministro che, pur non essendo indagato, è comparso negli atti dell’inchiesta di Savona sulla centrale a carbone di Vado Ligure che, con i suoi fumi, secondo l’accusa avrebbe provocato la morte di 440 persone. Niente di penalmente rilevante, ma più d’uno ha storto il naso leggendo degli incontri al ministero tra la Guidi e l’ex ministro Paola Severino, oggi avvocato degli imputati di Tirreno Power.
Di più. Le annotazioni dei Noe che hanno condotto l’inchiesta contengono passaggi importanti su Claudio De Vincenti, l’allora vice-ministro di Guidi e poi promosso da Matteo Renzi sottosegretario alla presidenza del Consiglio ........
Nessuna spiegazione su questi episodi è arrivata da Guidi o De Vincenti. Eppure, dopo una manciata di giorni, il ministro dello Sviluppo Economico torna ad ammonire i magistrati  ....
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Da Il Fatto Quotidiano del 15 luglio 2015

Tirreno Power, “dobbiamo scrivere una porcata”. E il sottosegretario De Vincenti “suggerì come eludere le leggi”
Nelle intercettazioni del Noe compaiono dirigenti del ministero dell'Ambiente e viene citato il nome dell'ex vice ministro allo Sviluppo. Per discutere dei dettagli ci sarebbe stato un incontro tra la titolare del dicastero del Mise Federica Guidi e l'avvocato Paola Severino
.........De Vincenti, secondo gli investigatori, avrebbe ipotizzato di chiedere al Csm un’azione disciplinare contro il pm Francantonio Granero. Un lavoro corposissimo quello della Procura di Savona e dei Noe: 800mila pagine...
Continua a leggere su  Il Fatto Quotidiano 

La Scozia smette di produrre dal carbone dopo 115 anni

  • Tratto da Rinnovabili.it

    La Scozia smette di produrre 

  •  dal carbone dopo 115 anni

La Scozia smette di produrre carbone dopo 115 anni

Spenta l’ultima centrale a carbone, ora il Paese punta sul 100% rinnovabili entro il 2020. L’impianto era responsabile del 25% delle emissioni scozzesi

(Rinnovabili.it) – La scorsa settimana, in un evento aperto ai lavoratori e davanti ad un plotone di giornalisti,la Scozia ha spento la sua ultima centrale a carbone. L’impianto di Longannet, dopo 46 anni di attività, dorme ora il sonno dei giusti, mentre il Paese ha ufficialmente smesso di produrre carbone dopo 115 anni. È indubbiamente un momento storico per la Scozia, che ha grandi piani per il prossimo futuro energetico, tutti basati sulle rinnovabili.

Entro il 2020, i suoi 5 milioni di abitanti consumeranno solo elettricità prodotta da fonti pulite, secondo le intenzioni del governo. Mentre l’Europa ha visto calare gli investimenti nelle rinnovabili, la Scozia sembra sulla buona strada per centrare i suoi obiettivi. La produzione di energia elettrica green è più che raddoppiata dal 2007, ed oggi è copre il 50% dei consumi. Tutto ciò è stato possibile grazie ai massicci investimenti nell’eolico onshore e offshore, che hanno messo il Paese all’avanguardia nella regione. Il più grande parco eolico della Scozia è anche il primo del Regno Unito intero. Whitelee Wind Farm vicino a Glasgow ha una capacità di 539 megawatt e genera elettricità sufficiente ad alimentare poco meno di 300 mila case.

Fabio Balocco :Trivelle & co.: garantire i posti di lavoro o salvaguardare l’ambiente?

Stralcio  da Il Fatto Quotidiano 

Trivelle & co.: garantire i posti di lavoro o salvaguardare l’ambiente?

                                  di  
Trivelle, il sito “civetta” di Matteo per l’astensione
Ogni volta è la stessa storia. Ripetitiva, dunque, ed anche monotona.Chiudere un’attività imprenditoriale significa perdere posti di lavoro. .....
A parte il fatto che se ci si schiera sempre e comunque a favore dei posti di lavoro, allora, per coerenza, si dovrebbe anche essere contrari alla globalizzazione, che è – essa sì – la causa principale della chiusura di attività imprenditoriali sul nostro suolo o della loro delocalizzazione. A parte questo elemento non trascurabile, il mondo non si deve muovere? Deve rimanere statico?
L’attività di trivellazione in mare è un’attività potenzialmente pericolosa e mette a rischio un’attività invece potenzialmente compatibile con l’ambiente come il turismo (è di questi giorni la notizia dell’ennesima perdita di petrolio in mare).
Ma essa è solo una delle tante attività che ci circondano rischiose o dannose per l’uomo e la natura. Prendiamo l’industria delle armi. Sono 95.000 i lavoratori in Italia, ed il 40% dell’export va nei paesi islamici. Fra le armi, l’export di quelle leggere alimenta in parte guerre o violazione di diritti umani.....
Le grandi opere che devastano il territorio, quanti ne creano? La Tav Torino – Lione mille, per dieci anni. E gli inceneritori? E le centrali a carbone? Questo per non parlare delle industrie che seminano direttamente distruzione e morte. Come l’Ilva di Taranto oggi. O come, in passato, l’Eternit di Casale Monferrato o l’Acna di Cengio. Vi sono stati addirittura interi paesi che hanno prosperato grazie a fabbriche della morte.L’Agenzia Europea per l’Ambiente include nella lista dei siti più tossici del continente ben sessanta fabbriche italiane.....
Ecco la mappa delle area industriali inquinanti segnalate dalla Agenzia europea per l'ambiente.

Visualizza Le Ilva d'Italia in una mappa di dimensioni maggiori
Il fatto è che in un mondo ideale, nel mondo di Utopia, il dilemma posti di lavoro/salubrità ambientale o posti di lavoro/eticità dei prodotti non dovrebbe neanche porsi.
Il fatto è che invece quando oggi si pone, e spesso si pone, la bilancia pende sempre e comunque dalla parte dei posti di lavoro...

30 marzo 2016

Rinnovabili .Andrà perso il trilione di dollari investito nel carbone

Tratto da Rinnovabili.it

Andrà perso il trilione di dollari investito nel carbone

Quasi 1.000 miliardi sono stati investiti in nuovi impianti a carbone. Ma potrebbe trattarsi di soldi che l’industria non riavrà mai indietro
Andrà perso il trilione di dollari investito nel carbone
(Rinnovabili.it) – Per l’Università di Oxford, il carbone è uno degli investimenti più rischiosi del mondo. Lo ha capito la Scozia, che ha chiuso l’ultimo impianto la scorsa settimana davanti a un tripudio di giornalisti. Secondo un nuovo rapporto dell’organizzazione Sierra Club, redatto insieme a Greenpeace e CoalSwarm, un trilione di dollari investiti nel settore potrebbero finire nella spazzatura a causa delle nuove preoccupazioni nei confronti del cambiamento climatico.

Circa 1.500 nuove centrali a carbone sono in fase di costruzione o pianificazione in tutto il mondo, ma la generazione elettrica da combustibili fossili è diminuita negli ultimi anni, spiega il dossier. In Cina, gli impianti esistenti sono utilizzati solo per il 50% del tempo, mentre l’uso del carbone sembra in calo e 250 nuove installazioni sono state bloccate in metà delle province del Paese.

Il settore del carbone è stato duramente colpito dalla crescente regolamentazione per frenare il riscaldamento globale e tagliare l’inquinamento atmosferico. Anche i nuovi allarmi del mondo scientifico, che sta tentando di sensibilizzare i governi in merito al pochissimo tempo rimasto prima che avvenga l’irreparabile, giocano un ruolo nell’aumento delle preoccupazioni. Infine, il crollo dei prezzi delle energie rinnovabili sta mettendo fuori mercato il combustibile più inquinante.

Andrà perso il trilione di dollari investito nel carbone 2«Questa ricerca rivela che centinaia di miliardi potrebbero essere sprecati in centrali a carbone non necessarie – ha detto Ted Nace, direttore di CoalSwarm – Ma non c’è in gioco solo il denaro. Il tempo stringe per la transizione all’energia pulita».

Il calcolo delle ONG prende in esame 981 miliardi di investimenti in centrali a carbone, ipotizzando che non tutte verranno realizzate. Per definire il trend, sono stati utilizzati i tassi di implementazione dei progetti registrati negli ultimi 5 anni in ciascuna regione del mondo dove i nuovi impianti sono stati progettati. Il rapporto determina i potenziali impatti solo sulla spesa in conto capitale.
In gran parte, secondo il report, questo denaro non potrà essere recuperato: la cifra supera di una volta e mezza l’importo che l’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA) ritiene necessario per porre fine alla povertà energetica di 1,2 miliardi di persone. Con il miglioramento della legislazione sul clima da un lato, e le proteste pubbliche per gli impatti sanitari dall’altro, l’industria deve trovare al più presto la via della riconversione. 
O gli azionisti delle compagnie potrebbero andare incontro a pesanti perdite.

Tratto da  Meteoweb
Le compagnie energetiche mondiali potrebbero sprecare mille miliardi di dollari in investimenti in nuove centrali a carbone. 
A dirlo è un nuovo rapporto stilato dai gruppi ambientalisti Sierra ClubGreenpeace eCoalSwarm. Nonostante la quantità di elettricità generata dal carbone sia diminuita per due anni di fila, l’industria ignora il trend e continua a costruire nuove centrali a carbone“, si legge nel report. Al momento vengono costruiti impianti in grado di produrre 338 gigawatt di energia. Nel complesso sono circa 1.500 le centrali che le compagnie vogliono creare nonostante i governi mondiali si siano voluti impegnare a ridurre le emissioni di CO2.
Gli investimenti sono stimanti in 981 miliardi di dollari. Le emissioni generate dalle centrali a carbone sono del 150% più alte rispetto al livello sostenibile per limitare l’aumento delle temperature globali entro i 2°C come stabilito dal summit dell’Onu sul clima. Ciò significa che la maggior parte degli impianti esistenti e pianificati dovranno essere chiusi ben prima della fine del loro ciclo di vita“. 

1)La Campagna “RIFIUTIAMOLI! BASTA INCENERITORI!” 2)Si farà un referendum anche sugli inceneritori?

Tratto da anagnia.com

Colleferro. Incontro pubblico con la dott.ssa Patrizia Gentilini; appuntamento il 2 aprile prossimo

29 marzo 2016

La Campagna “RIFIUTIAMOLI! BASTA INCENERITORI!”, in preparazione della manifestazione popolare del 9 aprile 2016 a Colleferro sulla situazione degli inceneritori locali, sui quali pesa la realistica possibilità di un loro ammodernamento (revamping), organizza l’incontro pubblico sul tema “Ambiente, inquinamento e salute: non c’è più tempo da perdere”, relatrice la Dott.ssa Patrizia Gentilini.
L’evento consentirà di mettere in risalto la correlazione tra l’inquinamento ambientale e la salute delle popolazioni residenti e ove questi problemi sono significativi di evidenziarne gli effetti devastanti, come nel caso specifico della valle del Sacco, avvelenata da pesticidi contenuti in fusti tossici interrati.Leggi tutto

Tratto da Pubblic policy

Si farà un referendum anche sugli inceneritori?

industria
ROMA (Public Policy) - Pubblicato in Gazzetta ufficiale il comunicato della Corte di Cassazione in merito al referendum  contro gli inceneritori.

Il quesito - avanzato dal movimento 'Legge rifiuti 0' - interviene sull'articolo 35 del decreto Sblocca Italia chiedendo, in sostanza, di bloccare il potenziamento degli inceneritori già in funzione e stoppare la costruzione di altri 8 (individuati con un dpcm che ha ricevuto l'ok delle Regioni).

Il termine per la raccolta delle firme necessarie dovrebbe essere fissato intorno al 9 luglio.

29 marzo 2016

Per il referendum il 17 Aprile ISDE Associazione Medici per l’Ambiente invita a votare un "SI CONSAPEVOLE" per la salute di oggi e di domani.

Tratto da Greenreport

Referendum del 17 Aprile: gli impatti ambientali e sanitari delle trivellazioni

Associazione Medici per l'Ambiente - ISDE Italia: per un Sì consapevole.
[29 marzo 2016]
Trivelle salute
Il 17 Aprile prossimo, con il Referendum sulle trivelle, i cittadini italiani sono chiamati ad esprimersi sul quesito abrogativo che riguarda l’articolo 6, comma 17 del codice dell’ambiente: “Volete che, quando scadranno le concessioni, vengano fermati i giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane anche se c’è ancora gas o petrolio?”.
Associazione Medici per l’Ambiente – ISDE Italia auspica la più ampia partecipazione al Referendum ed invita a votare SI per la salute di oggi e domani.
Deve essere questa l’occasione per una profonda riflessione circa l’inderogabile necessità ed urgenza di cambiare il modello di sviluppo ancor oggi basato sulla combustione dei fossili. Tale modello, oltre agli alti costi sanitari imposti all’uomo e a tutta la biosfera per via dell’inquinamenti delle varie matrici ambientali, appare sempre più fragile e insostenibile sul piano economico.
Negli ultimi 18 mesi il prezzo del greggio è calato circa del 70%: andare a cercare con accanimento e con tecniche sempre più costose e impattanti una risorsa che perde sempre più valore, può contribuire, oltre al danno alla salute e all’ambiente, a minare ulteriormente la tenuta economica del Paese.
Poche gocce di petrolio di scarsa qualità, mettono in pericolo le nostre bellissime coste, culla della nostra storia e della nostra cultura e possibile fonte economica malamente sfruttata oltre che la fauna e la pesca sostenibile.
La perforazione di un pozzo può avvenire sulla terra ferma (“onshore”) o in mare (“offshore”); gli impatti ambientali e sanitari, conseguentemente, saranno di diversa natura e graveranno in maniera differente in questi differenti contesti ma è importante dire SI oggi per avviare un processo di cambiamento che ci proietti verso fonti di energia alternative rinnovabili che ci permettano di rispettare l’ambiente e di tutelare la nostra salute.
Quando parliamo di trivelle offshore, nessuno può escludere un incidente. E in un mare chiuso come il Mediterraneo, un disastro petrolifero causerebbe danni gravissimi e irreversibili.
Comunque, anche in assenza di incidenti rilevanti, le estrazioni petrolifere comportano indiscutibilmente pesanti impatti ambientali – e quindi sulla salute umana, essendo l’ambiente un determinante fondamentale della salute – come dettagliatamente riportato nel testo di due studiosi italiani: “L’Impatto Ambientale del Petrolio, in Mare e in Terra” (Galaad Edizioni). Anche un recente rapporto di Greenpeace, relativo alle attività estrattive in Adriatico esaminate dal 2012 al 2014 ha evidenziato che tra i composti che superano con maggiore frequenza i valori definiti dagli Standard di Qualità Ambientale, rilevati nei sedimenti prossimi alle piattaforme, si trovano metalli pesanti, quali cromo, nichel, piombo (e talvolta anche mercurio, cadmio e arsenico). Inoltre, sono risultati rilevabili anche idrocarburi policiclici aromatici (IPA), come fluorantene, benzo[b]fluorantene, benzo[k]fluorantene, benzo[a]pirene e altri, variamente associati.
Tutte queste sostanze sono tossiche, spesso persistenti e bioaccumulabili ed alcune sono state già riconosciute cancerogene per l’uomo; esse possono risalire la catena alimentare attraverso la bio-magnificazione, raggiungendo così l’uomo in concentrazioni elevate e tali da causare seri danni all’organismo. In particolare per metalli pesanti quali piombo e soprattutto mercurio l’esposizione umana avviene attraverso pesce contaminato, specie se di grossa taglia, tanto che alle donne in gravidanza ne viene sconsigliato il consumo. Queste sostanze non solo si accumulano nei nostri corpi, ma passano anche dalla madre al feto durante la gravidanza ed interferiscono in particolare con lo sviluppo cerebrale del nascituro fino a comportare ritardo mentale e deficit del Quoziente intellettivo. I metalli pesanti oltre a effetti di tipo cancerogeno e neurologico comportano anche effetti a livello cardiovascolare, renale ed osseo con maggior rischio di osteoporosi. Parimenti pericolose sono poi le miscele di IPA per le quali è stato dimostrato – per fenomeni di azione sinergica – un aumento di rischio di insorgenza di cancro, soprattutto in presenza di benzo(a)pirene.
Non va infine dimenticato che come per alcuni IPA, anche per metalli quali l’arsenico, il cadmio, il nickel, classificati da decenni come cancerogeni per l’uomo, non esiste una soglia identificabile al di sotto della quale queste sostanze non comportino un rischio per la salute umana.
Associazione Medici per l’Ambiente – ISDE Italia

STOP TTIP - Il TTIP può danneggiare gravemente la salute pubblica...e non solo

 Epidemiologia & Prevenzione :

Il TTIP può danneggiare gravemente la salute pubblica...e non solo

Il TTIP, trattato USA-UE su commercio e investimenti, oggetto di negoziati a lungo tenuti segreti, getta molte ombre su temi rilevanti per la salute dei cittadini. Un articolo pubblicato su Epidemiologia&Prevenzione analizza ciò che può mettere a rischio non solo la qualità dei cibi, ma anche l’accesso alle cure sanitarie, le politiche di contrasto ai cambiamenti climatici, la sovranità dei singoli Stati europei. Una minaccia non solo per la salute degli individui, dunque, ma anche per la stessa democrazia in Europa.

di Redazione - 29 Marzo 2016


Il potenziale impatto del partenariato transatlantico sul commercio e gli investimenti (TTIP) sulla salute pubblica è il titolo dall’articolo pubblicato da Epidemiologia & Prevenzione, rivista dell’Associazione italiana di epidemiologia, a firma di Roberto De Vogli e Noemi Renzetti (University of California Davis, US) in cui vengono passati in rassegna i diversi capitoli del TTIP che potrebbero interagire con la tutela della salute dei cittadini europei.

Il TTIP, versione europea dei trattati di libero commercio (NAFTA e TPP) già in vigore dall’altra parte del mondo, è un documento complesso. Gli autori analizzano i possibili effetti sulla salute dell’introduzione del Trattato scandagliandone meticolosamente il testo, mettendo a confronto le opinioni di sostenitori e detrattori, e sostanziando la loro analisi con esempi concreti.


SALUTE AMBIENTALE

«Il più grave effetto sulla salute del TTIP presumibilmente riguarda la sua capacità di influenzare le politiche ambientali» sostengono gli autori. Per esempio, le disposizioni in merito alle controversie tra investitori e Stati «potrebbero molto probabilmente essere sfruttate da grandi aziende di combustibili fossili per citare in giudizio quei governi che cercano di limitare l’estrazione e l’esportazione dei combustibili stessi», in contraddizione con gli impegni appena presi dalla conferenza sul clima di Parigi.

PROFITTO VS SALUTE

Gli autori concludono con una valutazione delle possibili ricadute del TTIP sulle politiche interne degli Stati, portando come esempio anche quanto già verificatosi in altri Paesi dove da anni sono in vigore simili trattati di libero scambio (come il NAFTA in Nordamerica).
«La nostra analisi» affermano «dimostra come, nonostante i promotori del TTIP sostengano che il trattato produrrà effetti vantaggiosi su fattori in grado di migliorare la salute, come la crescita economica e l’occupazione, l’evidenza storica documenti invece che le politiche di liberalizzazione commerciale tendono a incrementare le disuguaglianze economiche e, con esse, la possibilità di accedere alle cure»

E chiosano: «La politica commerciale non dovrebbe considerare le regole dirette a tutelare la salute pubblica come ostacoli tecnici al commercio, e il “diritto a trarre profitto” non dovrebbe avere la priorità sul “diritto alla salute”».

ACCESSO AI FARMACI E ALL’ASSISTENZA SANITARIA

In teoria, favorendo gli scambi tra le due sponde dell’Oceano e promuovendo una maggiore cooperazione tra le istituzioni governative che sovrintendono alle politiche dei farmaci, il TTIP potrebbe migliorare la cooperazione scientifica nella ricerca farmacologica e ridurre la duplicazione di processi. Ma il capitolo sulla proprietà intellettuale e sugli aspetti commerciali ad essa connessi, che estendono il monopolio dei brevetti, porterebbe a un aumento dei prezzi dei medicinali e, in ultima istanza, a diminuire l’accesso alle cure, soprattutto dei soggetti più svantaggiati.

Non solo. Una possibile minaccia viene dal capitolo relativo all’accordo sui servizi che, oltre a prevedere l’apertura dei servizi sanitari pubblici alla concorrenza, anche privata, comprende una clausola cosiddetta «antiarretramento», che impedisce a servizi pubblici che siano stati privatizzati di ritornare in mano pubblica, configurando «una grave violazione contro la libertà delle nazioni di scegliere il proprio sistema sanitario di preferenza».


PATOLOGIE CORRELATE ALLA DIETA E L’AGRICOLTURA

Spingere verso regimi normativi meno restrittivi nel commercio è uno degli obiettivi del TTIP che potrebbe avere riflessi negativi sia sui consumi alimentari sia sulla sicurezza degli alimenti.
L’esempio del Messico è illuminante: dalla introduzione del NAFTA, nel 1994, e il conseguente aumento della presenza nel Paese di multinazionali del fast food e dei soft drink, il Messico è al secondo posto nel mondo per consumo di bevande zuccherate e ha una delle più alte prevalenze di diabete nel Pianeta.
Ma c’è un altro rischio, questa volta collegato al capitolo “misure sanitarie e fitosanitarie” che riguarda le norme sulla presenza negli alimenti di additivi alimentari, contaminanti, tossine. Il pericolo è che le norme europee vengano annacquate per avvicinarsi a quelle, notoriamente meno restrittive, d’Oltreoceano. Potrebbero così aumentare le importazioni non solo di cibi geneticamente modificati, ma anche di carni bovine trattate con ormoni e di polli trattati con il cloro(pratiche permesse negli Stati uniti).


CONSUMO DI ALCOL E TABACCO

Episodi già verificatisi in diverse parti del mondo dimostrano come politiche attuate per limitare il consumo di alcol e tabacco siano state attaccate in quanto considerate ostacoli al libero commercio.

Una situazione aggravata dal capitolo del TTIP riguardante le controversie tra investitori e singoli Stati, che consente agli investitori stranieri di citare in giudizio, di fronte a tribunali internazionali privati, gli stati che abbiano approvato una legge in grado di ridurre il valore del loro investimento. «Un meccanismo che le multinazionali del tabacco hanno già mostrato di essere ben predisposte a sfruttare» sottolineano De Vogli e Renzetti ricordando il caso dell’Uruguay, citato in giudizio da Philip Morris nel 2010 per aver apposto immagini shock sui pacchetti di sigarette a fini dissuasivi.

Nell’editoriale che accompagna l’articolo di De Vogli e Renzetti sullo stesso fascicolo di Epidemiologia & Prevenzione, Paolo Vineis, noto epidemiologo italiano che lavora all’Imperial College di Londra, mostra con esempi ben documentati che tutte le strategie razionali per far fronte ai cambiamenti climatici e alla diffusione delle malattie non trasmissibili (co-benefit) vanno in una direzione opposta a quella neoliberista implicita nei trattati internazionali come il TTIP.


La campagna Stoop TTIP Italia organizza per il 7 maggio una mobilitazione nazionale a Roma: QUI gli aggiornamenti

28 marzo 2016

Dorsogna :Energia, l’era del petrolio è agli sgoccioli. Se i lavoratori dei ‘fossili’ chiedono di passare alle rinnovabili

 Tratto da Dorsogna 

Energia, l’era del petrolio è agli sgoccioli. Se i lavoratori dei ‘fossili’ chiedono di passare alle rinnovabili

E mentre in Italia i pro-trivellanti si strappano le vesti sulla presunta disoccupazione che porterà il referendum, ecco cosa succede in CanadaL’Alberta, il petrol-stato per eccellenza del Nord America è in crisi: il prezzo del petrolio crolla, i pozzi chiudono, la disoccupazione aumenta, arriva la povertà dove non si era mai vista prima.
Cosa hanno da dire i lavoratori? Non dicono mica “continuiamo a trivellare”, o “trivelliamo le cascate del Niagara” o “dateci i sussidi”.  Dicono “fateci lavorare con il sole e con il vento”. Proprio cosi’, un gruppo di lavoratori delle Tar Sands ha creato una non-profit che si chiama Iron and Earth e chiede all’Alberta di sponsorizzare lavori pubblici ed investimenti nel solare. Chiedono come punto di partenza di solarizzare 100 edifici pubblici in tre anni e di sostenerli nella formazione professionale e riqualificazione di mille lavoratori nell’oil and gas.
Dicono che lavorare nelle rinnovabili non è cosi diverso che lavorare nell‘oil e gas e che non occorre scegliere fra lavoro ed ambiente. Chiedono solo l’opportunità di riqualificarsi e di avere progetti da portare a termine. Dicono di essere grati all’industria del petrolio per la professionalità acquisita ma che è tempo di attuare la transizione verso le rinnovabili perchè non è più tempo di scegliere fra lavoro ed ambiente. Dicono che è arrivato il tempo di politiche che guardano al futuro e che si adopereranno per sensibilizzare le loro comunità. Dicono che ci vincono da ogni punto di vista con le rinnovabili: con l’occupazione, per raggiungere gli obiettivi di diminuzione di CO2 del Canada,  con l’ambiente.
Il direttore di Iron and Earth,  Liam Hildebrand, aggiunge che hanno tutto: professionalità, opportunità, bisogno di diversificare le fonti energetiche e di diminuire le emissioni di CO2.
Ex petrolieri in favore del sole e del vento, checché ne dicano i petrol-politici d’Italia. Vuol dire proprio che l’era del petrolio è al tramonto.
Il 17 Aprile vota SI per una Italia che guarda al futuro e non alle fossili.