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08 settembre 2017

UN OLEODOTTO BLOCCATO PER RAGIONI AMBIENTALI NEL SUD EST DEGLI USA da una corte d’appello

Tratto da www.green.it

UN OLEODOTTO BLOCCATO PER RAGIONI AMBIENTALI NEL SUD EST DEGLI USA

oleodotto bloccato per ragioni ambientali

Un oleodotto bloccato per ragioni ambientali. Questa è la notizia e non farebbe troppo rumore se non provenisse dall’America di Trump. La notizia è arrivata nell’ultima decade di agosto e la decisione è state presa da una corte d’appello della costa est.

Oleodotto bloccato per ragioni ambientali

La motivazione sta tutta nelle appena cinque parole del titoletto qui sopra. Oleodotto e ragioni ambientali.Un’equazione che da tanto, troppo, tempo… da sempre potremmo dire… per molti rappresenta qualcosa di estremamente pericoloso, ma per altri qualcosa di totalmente innocuo. Considerando che gli Stati Uniti non sono il comune di Fiumicino, potremmo quasi dire che (magari soltanto negli States) sia in corso da decenni una guerra sociale e culturale intorno alla pericolosità degli oleodotti e dei lavori che intorno a essi ruotano.

Approvazione respinta

La corte d’appello ha respinto l’approvazione che era stata data dal governo federale e di fatto ha bloccato un progetto che prevedeva l’installazione di un oleodotto negli Stati Uniti Orientali. La motivazione della corte d’appello? Semplice: preoccupazione circa il possibile impatto sul cambiamento climatico. Di fatto, quindi, ci troviamo davanti a un caso di oleodotto bloccato per ragioni ambientali. Ci sono gli stremi per un precedente?
Ragionando sull’impatto climatico…
Nella sentenza, la corte d’appello del District of Columbia Circuit ha rilevato delle lacune nel lavoro svolto dalla Commissione federale di regolamentazione dell’energia (FERC). Questa commissione, a dire della corte, non avrebbe analizzato correttamente l’impatto climatico derivante dalla combustione del gas naturale che, secondo il progetto, sarebbe poi stato fornito alle centrali elettriche.

Quando si dice… Fare giurisprudenza

La sentenza è significativa perché va a dare man forte agli argomenti già utilizzati dagli ambientalisti per combattere la costruzione di nuovi oleodotti e va anche a rafforzare un concetto già espresso in altre circostanze, ovvero che nell’ambito della legge nazionale sulla politica ambientale, la legge che disciplina tutte le valutazioni ambientali delle decisioni federali deve tener conto dei cambiamenti climatici e delle emissioni di gas a effetto serra. Non può evidentemente ignorare la realtà dei fatti e lo stato dell’arte delle cose.

Un oleodotto per la Florida

In questo caso specifico dell’oleodotto bloccato per ragioni ambientali siamo nel sud-est degli Stati Uniti. Lo scopo dell’oleodotto sarebbe stato quello di portare gas in Florida per alimentare le centrali elettriche esistenti. Una volta presentato il progetto il Sierra Club, un gruppo di ambientalisti, ha citato in giudizio il FERC dopo che aveva dato il nulla osta sui lavori… ed eccoci così alla sentenza.

Misure serra…

La partita si gioca intorno alla misurazione delle emissioni di gas serra. La quantificazione di queste consentirebbe all’agenzia di confrontare le emissioni del progetto con le emissioni di altri progetti e poi con quelle totali dello Stato o della regione o con degli obiettivi di controllo regionali o nazionali.

No controlli, no oleodotto

Senza questi confronti incrociati, è difficile immaginare come potrebbe sbloccarsi la situazione. E probabilmente non lo farà, almeno fino a quando non saranno prese delle decisioni in merito. La decisione del tribunale ribalta l’approvazione federale del progetto e restituisce quindi il problema al mittente, cioè il FERC a cui spetta ora l’onere di completare l’analisi e fornire al tribunale e ai cittadini i dati necessari per comprendere le quantità di gas a effetto serra che deriverebbero dall’oleodotto.
 Non si tratta di una notizia particolarmente spettacolare, ma potrebbe rappresentare l’inizio di un piccolo cambiamento. E il fatto che avvenga (come detto) in un’America sempre più autarchica e “Trumpiana” depone a favore di questa quanto mai coraggiosa decisione della corte d’appello del district of Columbia.

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